E adesso si levano alti e strazianti lai di delusione e frustrazione: si stracciano le vesti i giornaloni che tanto avevano cantato le magnifiche sorti e progressive della «rivoluzione arancione» di Pisapia; che molto si aspettavano dal «vento del cambiamento» che essi stessi, d'altra parte, avevano sostenuto soffiando a pieni polmoni e gote gonfie nelle vele del nuovo sindaco, già durante la campagna elettorale e poi nei primi speranzosi mesi di vita della giunta. E pazienza se all'inizio è stato tutto un salasso a base di aumenti di tasse e tariffe: erano aumenti per il cambiamento, aumenti democratici, aumenti arancione. E adesso, poverini? Dopo meno di sei mesi i Pisapia-boys sono costretti ad assistere alle risse fra il sindaco e Stefano Boeri, alle tante uscite estemporanee dello stesso assessore alla Cultura nei panni di Pierino, alle marce indietro sui blocchi del traffico, alle incertezze sul piano parcheggi, sulle privatizzazioni, sul Pgt e sull'Expo. «Su inquinamento, cultura, musei, aziende municipali, trasporti e parcheggi, la Milano di oggi non offre risposte alle attese impazienti del dopo Morattti», ammette desolato il Corriere della Sera. E pensare che da qui doveva partire, spinta dal «vento del cambiamento», la «nuova politica», addirittura «il nuovo Rinascimento», non solo per Milano ma per l'Italia tutta. Attese francamente un po' eccessive: forse si chiedeva troppo al povero avvocato Pisapia.
Egli stesso d'altra parte, con certe sue incaute e autoclebrative dichiarazioni aveva alimentato queste illusioni, parlando di un «forte vento di rinnovamento», di una nuova politica che, «partendo da Milano» avrebbe «cambiato il Paese». (...)- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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