Il designer di Mini: «Dalla Rocketman l’ispirazione per i modelli futuri»

DetroitLa vittoria alla Dakar 2012 della Countryman ha ormai tolto ogni dubbio che il marchio Mini ha l’ambizione sia di rispettare le caratteristiche fondamentali del proprio Dna (in passato le Mini vincevano rallye importanti come quello di Montecarlo) come l’impronta stilistica, ma anche di proiettarsi nel futuro con modelli che sconfinano dal classico repertorio di famiglia. L’avvento tanto della Countryman - non solo la prima Mini crossover, ma anche la prima a quattro porte e più lunga di 4 metri - quanto della Coupé nei mesi scorsi e, ora, della Roadster, ha ampliato la composizione della famiglia sino a sei modelli molto differenti tra loro. Tuttavia, l’evoluzione (sorprendente per un marchio che in origine s’incentrava su una berlina e la conseguente declinazione station-wagon Clubman) non è affatto finita.
A guidare l'evoluzione formale e concettuale del casato, da poco più di un anno, è stato chiamato il danese Anders Warming. Ha in tasca un diploma in Product & Interior Design conseguito all’Istituto Europeo di arti operative di Perugia, una lunga esperienza professionale a livello internazionale e, a dispetto dell’età che arriverà a «quota 40» il prossimo settembre, tanti incarichi nell’ambito del gruppo bavarese, culminati prima dell’avvento in casa Mini nella responsabilità dell’Exterior design della marca Bmw.
Altre Mini ma con personalità inedite. Come affronta questo compito?
«E una sfida stimolante, perché si basa sulla conservazione dei tratti fondamentali della Mini che sono universalmente riconoscibili, forse tra i capostipiti di quelli che oggi originano le dilaganti auto globali o world-car che dir si voglia, ma che lascia spazio alla possibilità di interpretare concezioni inedite. Prendiamo Coupé e Roadster: sono le prime della famiglia a due soli posti, con un accenno di coda e indubbiamente d’impronta molto sportiva. Hanno una personalità speciale, ma sono frutto del rispetto dei canoni fondamentali del marchio e ne propongono alcuni inediti che, però, seguono il solco del linguaggio formale di casa Mini».
Insomma, s'integrano tra gli elementi del Dna di famiglia...
«...che nel caso di tutte le Mini è ricordato dal family-feeling rappresentato dal frontale piuttosto che dalle fasce sui passaruota, ma che deve essere ravvisabile da chi guida. Ecco, allora, che disegnare una Mini è un’operazione che deve tenere presente come la forma non debba pregiudicare l’affiorare del caratteristico go-kart feeeling, ovvero quel tipico comportamento che è alla base del piacere di guidare una Mini e delle possibilità di espressione della vettura attraverso la reattività con cui esegue i comandi e l'equilibrio generale. Fattori sui quali si riflette anche il rispetto di parametri quali, per esempio, le proporzioni o il posizionamento delle ruote alle estremità delle fiancate».


Dopo la «Paceman», la crossover-coupé, arriverà la Mini più mini? Ovvero, la «Rocketman»?
«Ci sono tante altre sorprese in cantiere, quello che posso dire è che la concept-car Rocketman indica dove vuole andare il marchio Mini, sebbene nel rispetto della filosofia che da sempre caratterizza questo marchio. A prescindere dal fatto che si trasformi in un modello di serie, è certo che molte soluzioni e tanti materiali portati alla ribalta dalla Rocketman diventeranno patrimonio delle future Mini».

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