Dell'imbarazzante «caso» Maran, effetto collaterale del ben più inquietante «caso» Penati, Pisapia e compagni non sembra abbiano alcuna intenzione di parlare. Ormai si è capito. Sono settimane che le opposizioni di Palazzo Marino chiedono insistentemente un dibattito in Consiglio comunale per fare chiarezza sui rapporti esistenti fra il giovane superassessore ai Trasporti, alla Mobilità e un sacco di altre cose importanti con l'inguaiato ex presidente della Provincia di Milano ed ex braccio destro di leader del Pd Pierluigi Bersani. La richiesta è assolutamente legittima, giacchè dopo la costernazione generale per la nomina ad un pluri-assessorato molto pesante, di un giovanotto senza alcuna esperienza amministrativa e competenza specifica - nonostante le spericolate dichiarazioni contrarie del sindaco nei giorni scorsi-, si scopre che il promettente ragazzo è una specie di pupillo di Penati, di cucciolo del suo allevamento sestese. Chiunque sarebbe costretto ad ammettere che qualche chiarimento a questo punto si impone.
E quale sede più adatta a dare certe spiegazioni, del Consiglio comunale, assemblea che per la Costituzione rappresenta tutta la città? Ma scusate, non erano loro, Pisapia e compagni, che per tutta la campagna elettorale hanno predicato e promesso «ascolto», «dialogo», «trasparenza», «sentire la città»? E quando erano opposizione non rimproveravamo ad ogni occasione al sindaco Moratti di non venire in Consiglio comunale «a riferire»? Bene, ora che tocca a loro «riferire» semplicemente si rifiutano, con una spocchia e un'arroganza degne di miglior causa ma tipiche della più rigorosa tradizione comunista, se usare questo termine è ancora lecito. La domanda a cui dovrebbero dare un risposta è semplice: perché per un assessorato con tante e importanti deleghe è stato scelto un giovanotto senza esperienza e probabilmente indicato, se non imposto, da Filippo Penati? Una domanda alla quale non si capisce come facciano a rifiutarsi di rispondere un sindaco e una giunta che dell'«ascolto», del «dialogo» e della «trasparenza» hanno fatto una sorta di sotto-ideologia di risulta (in mancanza di altre). Comunque l'«affaire» Penati, con i suoi effetti collaterali, è troppo importante perché Pisapia possa cavarsela con un semplice «non ci sto!» di scalfariana memomoria. In queste ore Maran dovrebbe incontrare il presidente e direttore generale dell'Atm Elio Catania, brutalmente licenziato da Pisapia. Dunque un ex supermanager internazionale della Ibm, ex presidente e amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, ex vicepresidente di Assolombarda, dopo una inevitabile anticamera deve andare a rendere conto del suo operato ad un implume trentunenne alle prime armi politico-amministrative e le cui «competenze specifiche», garantite Pisapia, rimangono misteriose. Diciamo che, quanto meno, non è elegante, ma soprattutto: di quali strumenti valutativi dipone Maran per dare un giudizio sull’operato di Catania? Leggo su un prestigioso settimanale che Penati avrebbe «una spiccata predilezione per ferro e cemento. Luigi Vimercati, per esempio, fratello del suo capo di gabinetto Giordano, fu sottosegretario del governo Prodi (…) alle Infrastrutture e oggi è segretario della commissione Lavori Pubblici di Palazzo Madama. Il suo giovane pupillo, Pierfrancesco Maran, a 31 anni è già assessore comunale a Milano. Ai Trasporti. (…) Matteo Mauri, altro collaboratore strettissimo di Penati, è atterrato direttamente alla segretaria nazionale del Pd per Infrastrutture, Casa, Trasporti ed Expo…» Eccetera.
Così il giro diventa ancora più chiaro, tanto più che queste righe non le ho tratte da un fogliaccio biecamente berlusconiano, ma dall'Espresso, che più anti-berlusconiamo non si può e notoriaamnete al premire non fa sconti. Sono ancora convinti Pisapia & C. di non dover dare spiegazioni in Consiglio comunale sul «caso Maran»?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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