Diario rosa

nostro inviato a Tirano

Nel caldo afoso e stagnante di Tirano, una ventata di freschezza italiana. Finalmente. Un ragazzo di 21 anni, già due volte campione del mondo a 17 e a 18 anni, promettente quanto mai, va a prendersi con autorevolezza da babbione una grande tappa del Giro, quella di Tonale e Aprica. Mentre i signori della classifica si concedono un turno di letargo, è una fuga da lontanissimo a rubare la scena. Sono in sedici. Alla fine però restano in quattro. Si va allo sprint e tutti sono convinti che vinca il campione italiano Visconti, sin qui parecchio deludente. Purtroppo per lui, non si smentisce neppure stavolta: è una nuova sconfitta. Limpida, sacrosanta. A trasformarla in una sceneggiata picaresca è soltanto la sua rabbia di sconfitto, soprattutto sconfitto dal più giovane corridore del Giro. Quello che per tutta Italia è un lieto evento, perché il più baby di tutti è nostro e finalmente lancia nel cosmo il primo vagito, per Visconti è inaccettabile.
A pochi metri dal traguardo, dopo aver tentato la manovra incomprensibile di infilarsi tra Ulissi e le transenne, alza per due volte le mani dal manubrio per spingere via il ragazzino, rischiando pure si sbatterlo giù a pelle di leopardo. Fortunatamente il ragazzino è un grande acrobata. Non solo. E' pure molto lucido, dopo 230 chilometri su e giù per montagne: tanto da riuscire ancora a dare il colpo di reni decisivo, che gli varrà la vittoria. Il rissoso Visconti, passato per primo, viene sacrosantemente punito e declassato al terzo posto (pure recidivo: l'anno scorso, al Giro di Turchia, fece lo stesso con l'altro baby Viviani. Lui i ragazzini li vorrebbe soffocare in culla). Il discorso è chiuso dalla giuria, via con un'altra rissa in favore di telecamere.
Visconti: «Ulissi mi ha stretto alle transenne, gli ho urlato più volte di farmi passare. Un giovane non deve fare così. Per tutto il giorno si è comportato da maleducato. Queste cose non devono succedere». Standolo a sentire, sembrebbe vittima del conte Dracula. Ma basta riguardare lo sprint per capire che la sua è solo una crisi di nervi, senza alcuna ragione sostenibile. La vittoria è di Ulissi, del più giovane corridore del Giro, capace nella terza settimana dell'edizione più massacrante di inventarsi un finale da favola. Quanto alle accuse di maleducazione che gli riversa addosso Visconti, la difesa è di una logica elementare: «Era una fuga lunghissima, su un percorso molto duro: i miei diesse Damiani e Maini mi hanno raccomandato di non spremermi troppo. Così, ho cercato di centellinare gli sforzi, saltando qualche cambio. Dev'essere questo che non mi perdona Visconti…».
Bando agli isterismi e alle chiacchiere superflue: finalmente, dopo giorni e giorni di schiaffoni, l'Italia può festeggiare. Ulissi, livornese di "Scescina", è quel che si dice un predestinato. A 21 anni, corre il suo primo Giro. «Neppure io so che genere di corridore sono. Certo, vedere che mi sento ancora in forze in quest'ultima settimana, dopo tutte le fatiche passate, mi lascia sperare. Ho davanti a me ancora due o tre anni di apprendistato, poi tirerò le somme…».
L'idea, l'ipotesi, il sogno è che alla fine del supercorso, diretto da quel magico plasmatore di giovani che è Roberto Damiani, l'Italia si ritrovi un campione per il post Contador. «Andiamoci piano. Devo crescere molto.

E può darsi che alla fine debba rassegnarmi a fare il gregario tutta la vita. Non c'è niente di male. Però lo ammetto: mi piacerebbe un giorno tornare qui per porvare a vincere il Giro. Sono un sognatore, mi piace sognare». Giovane ragazzo italiano, a chi lo dici.

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