Gli Usa muovono due portaerei: cosa rivelano i giochi di guerra in Asia

Una dozzina di navi da guerra statunitensi e giapponesi, tra cui due portaerei Usa, ha fornito una prova di forza nel Mar delle Filippine partecipando ad esercitazioni militari congiunte Multi-Large Deck (MLDE)

Gli Usa muovono due portaerei: cosa rivelano i giochi di guerra in Asia
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Nei giorni scorsi una dozzina di navi da guerra statunitensi e giapponesi, tra cui due portaerei Usa, ha fornito una prova di forza nel Mar delle Filippine partecipando ad esercitazioni militari congiunte Multi-Large Deck (MLDE). Il messaggio fornito da Washington alla Cina è chiaro: la Marina americana è in grado di rispondere alle emergenze in un’ampia fascia di acque asiatiche – incluse quelle dove le tensioni con Pechino rimangono elevate - anche mentre è chiamata ad affrontare altre ostilità in Medio Oriente.

Le esercitazioni MLDE

Scendendo nei dettagli tecnici, le portaerei della Marina statunitense USS Carl Vinson e USS Theodore Roosevelt sono state raggiunte dal cacciatorpediniere per elicotteri della Forza di autodifesa marittima giapponese JS Ise, da sette cacciatorpediniere lanciamissili statunitensi e da due incrociatori statunitensi per quello che la Marina chiama un evento Multi-Large Deck (MLDE). "Gli Stati Uniti e il Giappone sono gli unici in grado di riunire rapidamente molteplici forze navali di grandi dimensioni a sostegno dei reciproci interessi di sicurezza nell'Indo Pacifico", ha dichiarato in una nota il contrammiraglio Carlos Sardiello, comandante del Carrier Strike Group 1 guidato da Vinson.

Le navi da guerra hanno condotto "esercitazioni di difesa, di sorveglianza del mare, esercitazioni su ponti incrociati e manovre tattiche per far avanzare capacità di combattimento di alto livello uniche", si legge in una nota diffusa dalla Marina americana. Le operazioni sono iniziate lunedì e sono terminate giovedì. "Lo scopo di questo addestramento è quello di migliorare l'abilità tattica e l'interoperabilità con la Marina degli Stati Uniti", ha affermato il contrammiraglio della Jmsdf Shimizu Hitoshi, comandante della Escort Flotilla 2. "Il nostro rapporto è impegnato nella pace e nella stabilità regionale", ha aggiunto.

Washington ha quindi fatto sapere che gli impegni e le operazioni marittime coordinate nel Mar delle Filippine fanno parte della presenza di routine della Marina americana nell'Indo-Pacifico. "Le forze navali statunitensi, con la nostra rete di partner e alleanze, sono indispensabili per garantire la sicurezza marittima e il flusso del commercio legale senza ostacoli nella regione", ha chiarito la stessa Marina Usa.

Le tensioni tra Usa e Cina

Collin Koh, ricercatore presso la Scuola di Studi Internazionali S. Rajaratnam di Singapore, ha affermato alla Cnn che, sebbene esercitazioni si svolgano regolarmente nell’area, il tempismo di questa dimostrazione di forza è importante. "In precedenza c’erano state trepidazioni sul fatto che le esplosioni (di crisi) in Medio Oriente avrebbero potuto allontanare la rifocalizzazione strategica degli Stati Uniti dal Pacifico occidentale", ha detto Koh, secondo cui adesso non sarebbe avvenuto niente del genere. E questo proprio perché gli Usa intenderebbero far capire alla Cina di volersi concentrare in primis sull'Indo-Pacifico al netto di ogni altra crisi globale.

Nel frattempo, secondo il Fleet Tracker dell’USNI, solo una portaerei statunitense – la USS Dwight D Eisenhower – si trova in Medio Oriente, dove i ribelli Houthi hanno sferrato una serie di attacchi contro risorse navali e imbarcazioni commerciali statunitensi nel Mar Rosso.

Intanto, sempre in Asia, la Cina non sta restando inerme. Il quotidiano giapponese Asahi Shimbun ha fatto sapere che il ministero della Difesa di Taiwan ha dichiarato di aver rilevato più volte vari aerei dell'aeronautica cinese in azione intorno a Taiwan per effettuare "pattuglie congiunte di prontezza al combattimento" con navi da guerra cinesi.

Un portavoce del dipartimento di Stato Usa ha affermato che gli Stati Uniti stanno monitorando da vicino le azioni di Pechino e hanno esortato il governo cinese a non utilizzare l'esito delle elezioni di Taiwan come "pretesto per un’escalation".

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