Il nuovo Centro marittimo per la sicurezza delle infrastrutture critiche sottomarine della Nato

Le contromisure alle minacce ibride e le nuove sfide alla “plausibile negabilità". L'Alleanza Atlantica lancia il nuovo Centro marittimo per la sicurezza delle infrastrutture critiche sottomarine nel Regno Unito

Il nuovo Centro marittimo per la sicurezza delle infrastrutture critiche sottomarine della Nato

La sicurezza delle infrastrutture critiche sottomarine è il punto di svolta della Nato. Il cuore del suo nuovo Centro sarà il Regno Unito ed avrà sede presso il Maritime Command, a Northwood.

Di cosa si tratta

Monitorare e coordinare le attività, sono solo alcune delle priorità del Maritime Centre for Security of Critical Undersea Infrastructure,(Cui). Sebbene la missione principale è quella di “scoraggiare e contrastare” le minacce ibride alle infrastrutture critiche, attraverso l’utilizzo di dati e sensori. La Nato stessa riferisce che al progetto Cui abbiano contribuito nazioni come Regno Unito, Danimarca, Polonia, Turchia, Germania e Stati Uniti. Quest’ultimo, si recepisce, è la composizione di un “dual-hub”, ovvero, l’insieme di due stazioni suddivise in, una postazione centrale operativa nel Regno Unito ed un’altra, invece, distaccata presso il Quartier Generale della Nato a Bruxelles.
La sua ideazione nasce come risposta agli incidenti avvenuti a danno dei gasdotti nel Mar Baltico, momento dal quale la Nato ha deciso di velocizzare i processi di difesa delle infrastrutture, creando ben due nuove centrali di controllo. Nel febbraio 2023, fu creata, per prima, la Critical Underwater Infrastructure Coordination Cell, con lo scopo preciso di “coordinare l'attività dei paesi alleati, la quale, poi, ha riunito i settori militari e quelli civili per poter agevolare l’attività dell'industria privata”. Tale processo strategico ha avuto il fine di consentire il monitoraggio delle minacce oltre ad attivare una risposta “congiunta”, a quello che oggi viene conosciuto come Centro delle Infrastrutture sottomarine.

La sinergia con il settore privato

Le strategia in seno alle hub, ha come obbiettivo quello di puntare soprattutto sulla sinergia con i civili, in quanto il settore privato è proprietario di buona parte delle reti. Questo lavoro di coordinamento, secondo le narrative, assume un valore, “fondamentale” per l’industria del petrolio norvegese, che ha espresso il suo gradimento mediante la Offshore Norge, della Gassco AS, competente per il trasporto del gas, oltre a quello della società energetica Equinor ASA, anch’essa impegnata nella gestione di raffinerie, impianti di lavorazione e stoccaggio per oleodotti e gasdotti. Il tutto, si recepisce, ha lo scopo di poter facilitare non solo la salvaguardia, ma, particolarmente, “la resilienza” di tale patrimonio.

Come funziona

Le nuove sfide puntano a proteggere i cavi, i gasdotti, le reti di comunicazioni e quelle energetiche subacquee. Tali dinamiche avverranno tramite sensori collegati ad una rete di segnali, che avranno il compito di negare l’accesso agli aggressori. La struttura, atta al monitoraggio, è dotata di telecamere e sistemi, che permetteranno d’individuare qualsiasi movimento e risalire alle responsabilità di eventuali minacce. Il cammino per affrontare tutto questo, però, non è stato semplice, infatti, sono state sperimentate operazioni d’intelligence, manovre sull'IT e la cooperazione militare-civile, che si sono rivelate, alla fine, come banco di prova per Il Comando delle operazioni marittime, il quale ha potuto testare simultaneamente, anche coordinamento “delle aree interfunzionali”.

Infine, si registra che, in aggiunta a quest’ultime, si sarebbero effettuate anche ulteriori manovre che hanno visto, il Quatier Generale Nato, lo Shape, ovvero Supreme Headquarters Allied Powers Europe, il Supreme Allied Commander Transformation (Sact) ed il Centre for Maritime Research and Experimentation (Cmre), operare sulla stessa linea, e, sempre, in sinergia, con organizzazioni civili.

Il quadro geografico d'azione

Il quadro “geografico” d’azione di tali manovre è abbastanza articolato. Sotto la responsabilità marittima dell’Alleanza Atlantica, sono, infatti, comprese la Regione dell'Alto Nord, con annessi Mar di Norvegia, Mar di Groenlandia, quello di Barents, oltre l'Oceano Artico. Il Mar Baltico, il Nord Atlantico, il Mar del Nord, il Mare d'Irlanda, il Canale della Manica e il Golfo di Biscaglia.
Inoltre, il Mar Mediterraneo ad est e ovest, il Mar Nero, e l’Oceano Pacifico settentrionale. La mappatura dei cavi, in queste zone, considerate, “ampie e complesse”, sono distribuite in maniera uniforme all’interno di tutta l’area euro-atlantica, differentemente, dalle infrastrutture energetiche, che sono, invece, posizionate nel Mare del Nord, il quale comprende, anche quello della Norvegia. Il suo valore strategico lo si recepisce anche dai dati, che testualmente riferiscono che
l'Europa, solo nel secondo trimestre del 2023, abbia importato il 44,3% del suo gas naturale dalla Norvegia, il 17,8% dal Regno Unito ed 16,5% dall'Algeria, proprio mediante l’utilizzo di tre oleodotti sottomarini situati Mediterraneo.

Il Center for Strategic & International Studies, inoltre, sulla questione, riporta che le infrastrutture marittime vengono suddivise in cinque divisioni che, nel caso di specie, riguarderebbero i trasporti, l’energia, la comunicazione, la pesca e gli ecosistemi marini. Dall’analisi, si apprende, che solo quattro, di esse, però, hanno caratteristiche specifiche di “infrastrutture sottomarine”. Tra queste, infatti, risulterebbe essere escluso Il trasporto marittimo da superficie, a differenza dei sommergibili, “dei veicoli telecomandati (Rov) ed i veicoli subacquei autonomi (Auv)”, che sono invece strategici per le dinamiche della manutenzione e considerati parte dell'infrastruttura energetica

La sfida alla “plausibile negabilità”

Un progetto ambizioso, dunque, ma non privo di riflessioni sull’efficacia della protezione del nuovo Centro. Su questo punto, infatti, importanti indicazioni, proverrebbero dal consigliere politico di MarCom, il professor James Bergeron, il quale ha espresso che la sfida principale, in questo senso, sarà di negare la negazione”. Questo, in breve, significa che gli sforzi che verranno profusi, lavoreranno per evitare che, eventuali aggressori, possano ricorrere alla scappatoia della plausibile negazione. Quest’ultima, per essere chiari, si riferisce, alla possibilità che alti funzionari di una catena di comando possano negare la conoscenza o la responsabilità per le azioni commesse da o per conto dei membri della loro gerarchia organizzativa”.


Il che significa che, se un aggressore cercherà di attaccare le infrastrutture, grazie ai nuovi sofisticati sistemi di monitoraggio di sensori, scie e “segnali di responsabilità”, non sussisterà la possibilità di poter negare o giustificare le loro azioni, in quanto sarà possibile accertare la responsabilità ed esporli finalmente a giudizio.

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