Diritto d'asilo, quei conflitti di interesse delle commissioni territoriali

Il j'accuse del prefetto Angelo Trovato, presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, ascoltato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui Cie. «In alcune designazioni ho visto nominati componenti della commissione i soggetti gestori dei centri: qui siamo in conflitto di interesse».

Diritto d'asilo, quei conflitti di interesse delle commissioni territoriali

E' una fotografia allarmante quella scattata dal prefetto Angelo Trovato sui flussi dei migranti verso l'Italia e sulla situazione dei richiedenti asilo. Nella sua audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sui Cie, il presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo - una sorta di regista-coordinatore dell'azione che viene svolta a livello territoriale - rispondendo alle domande dei parlamentari, rivela una serie di anomalie a cui ha dovuto fare fronte, svelando anche numeri sorprendenti sulle richieste d'asilo provenienti dai Paesi realmente colpiti da situazioni di guerra.
«Un comune - non so perché - ha designato come componente di commissione un addetto al verde pubblico esperto in manifestazioni vivaistiche» racconta Trovato. «Può essere che questo soggetto sia superimpegnato in attività di volontariato, ma formalmente nel curriculum non c'è scritto. Ovviamente, qualche problematica in merito a questo l'abbiamo avuta. Inoltre in alcune designazioni ho visto nominati componenti della commissione i soggetti gestori dei centri: qui siamo in conflitto di interesse». Proprio su questo aspetto, continua il prefetto, «stiamo definendo una dichiarazione per cui tutti i componenti si obbligano a dichiarare l'assenza di conflitti di interesse, anche potenziale, rispetto al ruolo che svolgono. Questo lo facciamo già fare agli interpreti e lo faremo per i componenti delle commissioni. Peraltro, vi devo dire molto sinceramente che abbiamo avuto il caso di alcuni avvocati, nominati dagli enti locali componenti di commissione, i quali non operano direttamente, ma fanno parte di studi legali che si occupano di immigrazione. Loro non sono coinvolti. Io il dubbio di un conflitto ce l'ho».
Molto interessante è tutto il capitolo sui dati sui richiedenti asilo, passati dai 26320 del 2013 ai 63456 del 2014, con un dato in crescita del 138%. «Nel 2015, fino all'8 maggio, siamo già a 22.118 richieste, ma molte altre ne arriveranno. Bisognerà aggiungere quelle delle persone che sono già in accoglienza, ma non hanno ancora formalizzato l'iter presso la questura. In pratica, ha aggiunto, "per dare l'idea del fenomeno con il quale ci stiamo confrontando, ad oggi, il dato delle richieste nel 2015 è quasi uguale a quello totale del 2013. Nel 2015 i Paesi in testa per richieste sono: Gambia, Nigeria, Senegal, Pakistan, Ucraina, Mali, Afghanista, Bangladesh, Costa d'Avorio. Dai Paesi più a rischio sono arrivate soltanto 128 richieste dai siriani e 160 dagli eritrei. Aumentano, invece, i flussi di richiedenti asilo da aree in cui sicuramente non vi sono situazioni di crisi».
C'è poi tutto il problema dei ricorsi con cui bisogna fare i conti, insieme alla tendenza della magistratura ad accogliere i ricorsi. «Nel 2014, su 13.122 dinieghi sono stati presentati 8.420 ricorsi. Ciò significa che il 65 per cento dei denegati ha presentato ricorso e ha ottenuto un effetto sospensivo. A oggi, di questi 8.420 ricorsi, ne risultano pendenti 7.256. Questo, però, è un problema della giustizia. Il 65 per cento dei denegati ha, dunque, presentato ricorso. Un altro dato che mi lascia un po' perplesso è quello relativo ai riconoscimenti giudiziari dei ricorsi. Il riconoscimento giudiziario dei ricorsi è pari spesso a cifre intorno al 73 per cento dei casi. Ciò significa che il magistrato nel 73 per cento dei casi dà ragione al richiedente asilo».

Il tutto accompagnato da una postilla che illustra un'altra faccia del problema migranti. «Tenete conto che le nostre decisioni sono assolutamente ponderate e sono nella media europea. Anzi, ci sono alcuni Paesi europei che ci accusano di essere troppo buoni».

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