Disoccupazione? In Sarpi non esiste Redditi alti e nessuno è senza lavoro

Il tasso di chi non ha impiego è a quota zero fra i cinesi di Chinatown

Forse non diventerà mai un’isola pedonale, come vorrebbero i residenti italiani, ma di sicuro è da sempre un’isola felice. Almeno per i cinesi. Come in un piccolo stato arabo, in via Paolo Sarpi si producono redditi altissimi. Almeno se paragonati con quelli di altre comunità immigrate e di gran parte degli italiani. Fra carrelli che ingombrano la strada, ristoranti, attività all’ingrosso e negozi di facciata nella Chinatown milanese il tasso di disoccupazione reale - che non tiene conto, cioè, dei lavoratori a nero, il 15 per cento - oscilla fra due e zero per cento. Mentre il reddito pro capite è di 1.500 euro - per un cinese su sei - e di 2.500, per una persona su 16.
«Tutto merito della tradizionale operosità della nostra comunità», dicono i diretti interessati. E lo fanno a ragione, se è vero che attività e imprese commerciali crescono di continuo. I dati diffusi dalla fondazione Ismu (relativi a luglio 2007) fotografano una realtà che per Milano, e per il resto d’Italia, è un miraggio. Nel capoluogo lombardo, il reddito medio è di circa 2.300 euro al mese. Mentre il tasso di disoccupazione - che nel resto del Paese è doppio - è pari al 3,9 per cento. Gli extracomunitari che vivono in città, invece, guadagnano circa 1.200 euro al mese se uomini, e poco più di 900, se donne. E fra loro sei persone su cento non lavorano.
La fortuna di via Paolo Sarpi sta tutta nel proliferare di numerose attività imprenditoriali che, non soltanto garantiscono guadagni elevati ai gestori, ma permettono agli asiatici di assumere personale. Rigorosamente appartenente alla stessa comunità. «Il tasso di disoccupazione è basso perché quella cinese è un’economia etnica, quindi chiusa in se stessa e in gran parte indipendente dalle dinamiche proprie del mercato italiano - spiega Patrizia Farina, ricercatrice della fondazione Ismu -. Fra i cinesi ci sono moltissimi imprenditori che lavorano nell’ambito della ristorazione, del tessile, del terziario e del commercio. E che danno lavoro a persone che appartengono alla propria comunità». Fra luci e qualche ombra. «Il problema in via Sarpi è capire di quale occupazione si parla - dice Matteo Salvini, deputato della Lega Nord -. Spesso siamo di fronte a sfruttamento e occupazione minorile. Inoltre non mancano fenomeni di riciclaggio del denaro. Come parlamentare suggerirò al comandante della Guardia di finanza di lasciar stare per un po’ fruttivendoli e panettieri per dedicarsi a Chinatown».
Da parte loro, i residenti italiani non si stupiscono. «Le attività vanno bene, soprattutto quelle all’ingrosso - conferma Loredana Cerrato, dell’associazione Vivisarpi -. Ce ne accorgiamo dal continuo carico e scarico delle merci.

Dai cinesi si riforniscono commercianti e ambulanti provenienti da tutta Italia e anche dai Paesi dell’Europa meridionale». Qualcosa, a questo proposito, potrebbe cambiare dai primi di ottobre. Data - probabile - di avvio della Ztl e delle conseguenti limitazioni ai grossisti.

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