Il documento I pregiudizi e l’immobilismo non portano lontano...

Salvatore Settis non perde l’occasione di esercitare la sua opera di dotta vigilanza, per allertare l’opinione pubblica dei rischi riguardo la salvaguardia del patrimonio storico artistico italiano e alla sua gestione. E di questo è giusto ringraziare l’illustre studioso che oggi presiede il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici. Ma temo che la sua ultima lettera aperta, pubblicata mercoledì scorso sulla prima pagina di Repubblica, tradisca un’apprensione che vada ben oltre lo spunto dal quale nasce. Prima ancora di consegnare il parere ufficiale relativo alla bozza del nuovo regolamento del Ministero, sottoposta al Consiglio Superiore, il professore ha preferito denunciare sulla stampa il disegno riformatore che l’ispira. Si preoccupa infatti nel suo articolo dell’ipotesi di una nuova Direzione generale per la valorizzazione dei musei, criticando l’esorbitanza dei suoi compiti.
Ora, lungi da me l’intenzione di voler confondere l’opera di valorizzazione con quella di tutela, e di voler asservire la seconda alla prima. Al contrario, l’istituzione di una nuova direzione generale dei Musei mira proprio a disciplinare le due prerogative costitutive del Ministero per i beni culturali: la tutela e la valorizzazione. Io intendo valorizzare il patrimonio museale disponibile, razionalizzandone la gestione e promuovendone la conoscenza al pubblico.
Rifiuto l’idea per cui la gestione manageriale debba essere ritenuta, in quanto tale, sempre e comunque, incompatibile con le esigenze della tutela. I musei hanno bisogno di nuova efficienza gestionale. E questa fa bene anche alla tutela. Ci sarà pure una ragione se tra i dieci musei più visitati a livello internazionale non figura un solo museo del nostro Paese che, notoriamente, possiede la maggior parte delle opere d’arte presenti nel mondo. Sono convinto infatti che difendere il modello italiano di tutela significa in primo luogo rimediare alla dispersione di risorse, alla disorganizzazione e alla frammentazione gestionale. Il professor Settis coltiva un’idiosincrasia nei confronti di un supposto modello americano, con i musei staccati dai territori, le collezioni che si reggono sul marketing, avulse dal contesto. Parla di una «ferita del modello italiano di Tutela», temendo che la nuova direzione generale creerebbe un nuovo unico gigantesco polo museale.
Io temo invece che egli non abbia compreso lo spirito del nostro progetto di riforma che non intende in alcun modo diminuire la tutela del nostro patrimonio. Intende invece razionalizzarne la gestione, e valorizzare la fruizione del pubblico attraverso un’azione più efficace sui musei, oggi, sì, abbandonati a se stessi, bisognosi di interventi strutturali, di un migliore allestimento, e di una migliore capacità di comunicazione esterna.
Se questo è il motivo dell'apprensione di Salvatore Settis, spero di averlo rassicurato. Se invece il motivo vero della sua avversione è la scelta del nuovo direttore generale, caduta sul dottor Mario Resca, mi meraviglia che uno studioso cosmopolita come il professor Settis possa cadere nella stessa approssimazione di tanti demagoghi allarmisti quando definisce il prescelto un semplice direttore di Casinò.

Evidentemente il professor Settis dimentica che Resca è uno dei nostri manager più autorevoli e affermati. Anche questo pregiudizio è solo un sintomo di quell’immobilismo e di quella diffidenza verso il nuovo che è proprio ciò che il Governo intende con forza superare.
*Ministro per i beni culturali

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