Dogmi Se i giudici decidono pure che il papà è di troppo

Siamo sempre di più la culla del diritto e della civiltà: abbiamo code sterminate di coppie affrante che aspettano un bambino in adozione, eppure già abbiamo deciso di affidare i bambini anche a un genitore solo. Grande Paese, l’Italia, per gli acrobati dell’esistenza: qui le ipotesi più futuribili e ardite, eticamente e religiosamente estreme, hanno primaria importanza e immediata risposta. Siamo, o vogliamo diventare, la terra promessa dei casi limite. Peccato non ci resti mai il tempo, e nemmeno la coscienza civile, per dedicare un’adeguata attenzione a quella che verrebbe ancora voglia di chiamare normalità, se non fosse questo un termine ormai ritenuto becero e blasfemo.
Saranno molto lieti, sicuramente lieti, i coniugi che da anni subiscono analisi e interrogatori molto rigorosi, al limite della violenza psicologica, per dimostrare d’essere all’altezza del ruolo cui ambiscono: quello di padre e madre. Li renderà euforici apprendere che un solo genitore può essere persino meglio di loro due messi assieme. La loro interminabile attesa, troppo spesso interrotta imboccando equivoche scorciatoie, ora sarà più leggera e più sopportabile. Avranno una nuova certezza: dalle nostre parti, chiunque può fare il genitore.
Che la Cassazione ancora una volta ci metta il becco, sollecitando il Parlamento a disegnare la nuova legge, fa parte ormai di un costume sociale e istituzionale tutto nostro, dove sembra che ciascuno si senta in diritto di ordinare a qualcun altro cosa e come fare. Resta però la gravità dell’innovazione. Nel campo delle più elementari consuetudini familiari, è una rivoluzione.
Lo sappiamo bene, inutile che arrivino i soliti illuminati a spiegarlo «in linea di principio»: sì, un genitore bravo è certamente meglio di due genitori cretini. Ma non è su questa ipotesi accademica che bisogna costruire il bene comune. Il bene comune andrebbe costruito sulle - poche - certezze che le generazioni si tramandano. In questo caso, sembrerebbe solare e indiscutibile che ogni bambino abbia bisogno, dunque diritto, a un padre e una madre. Chi l’ha detto? Chi crede in Dio sa che lo dicono le Sacre scritture, chi non crede sa che così vuole la natura. Non è che possiamo risolvere il problema di tante coppie inadeguate, persino cattive e crudeli, girando i bambini in adozione al monogenitore. Eppure la Cassazione, che ragiona sempre con i codici in mano, avverte: «Nulla in contrario è previsto dalla Convenzione di Strasburgo sui fanciulli, del 1967». E tanto le basta per dare il via libera. Ma la questione è molto più alta e delicata, perchè la si possa regolare a colpi di fredda giurisprudenza.
Nulla in contrario è previsto dalla Convenzione sui fanciulli: ma hanno idea, la Convenzione di Strasburgo e la nostra Cassazione, di quanto difficile sia costruire una famiglia adeguata attorno al bambino? Hanno idea di quanto già ora sia complicato e macchinoso stabilire se una coppia è in grado di accogliere e crescere una creatura estranea? E chi sarà, in futuro, a stabilire se un singolo uomo o una singola donna sono la soluzione ideale, per casi già di per sè così delicati: un giudice qualunque?
Tutto è possibile e pensabile, perfino che uno sia più di due. Ma le ipotesi ardite non possono buttare al macero le poche certezze rimaste.

Nell’epoca che ha abbattuto tutti i dogmi, soltanto uno ne è rimasto: il bambino ha bisogno di un padre e di una madre. Non c’è Convenzione, non c’è Cassazione, non c’è nulla che ancora sia riuscito a dimostrare il contrario.

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