
E adesso ha come «un grande vuoto dentro» Sergio Mattarella, «un dolore personale forte», quel senso di angoscia che ti prende quando perdi «un punto di riferimento», un ancoraggio sicuro. Poche righe, quattro parole appena nel primo messaggio di cordoglio dettato in mattinata, che condensa il nocciolo dell'insegnamento papale, «la solidarietà tra gli uomini, la cooperazione, la vicinanza ai più deboli, la pace». Poi eccolo in video, nel suo studio. Pallido, tirato, segnato forse dalla breve degenza al Santo Spirito per il pacemaker, senz'altro scosso per la morte del Pontefice, il capo dello Stato parla del suo amico Francesco e si commuove. «Era un uomo di speranza, ha conquistato il mondo».
Il Papa e il presidente, il loro rapporto speciale. La forza dei gesti e dei simboli. Le piazze vuote del 2020, gelide, desertificate dal Covid, spazi da presidiare per dare una prospettiva ai sacrifici di un popolo: Francesco a San Pietro sotto il diluvio, Mattarella all'Altare della Patria il 25 aprile. I dieci anni di coabitazione felice. «La reciproca autonomia di Stato e Chiesa - sosteneva il Papa - esalta la comune responsabilità per il bene dell'essere umano». Le visite ufficiali in Vaticano, con Bergoglio che chiedeva ai nipoti di Mattarella se avessero studiato e se si divertivano seguendo il nonno. Le accoglienze al Quirinale, calde, informali. «Santità, questa è casa sua». Gli incontri fuori protocollo. I faccia a faccia riservati. I contatti continui. I discorsi sulla guerra, sul Mediterraneo «diventato luogo di morte», sul disagio giovanile, sul lavoro che manca, sull'Europa, ma pure contro il fanatismo che può portare al terrorismo: molti sembravano concordati.
C'era feeling pure con Giorgio Napolitano. Storica la sua prima salita al Colle, nell'ex palazzo dei Papi, ricevuto il 14 novembre 2013 dal presidente laico ex Pci: Francesco, eletto al Soglio solo tre mesi prima, arrivò senza sirene, scorte e corazzieri, a bordo di una 500. E nel 2023, a sorpresa, fu il primo vicario di Cristo a varcare l'ingresso di Palazzo Madama, per l'omaggio alla camera ardente di Napolitano.
L'intesa, quasi una fratellanza si è intensificata con Mattarella, che ora è provato. «Sento un senso di privazione - racconta -. Già con la scelta del nome si è richiamato a San Francesco, sottolineando la ricchezza dei carismi che nella Chiesa si integrano. Come non ricordare Laudato si' sull'equità nell'uso delle risorse naturali? O Fratelli tutti, sull'unicità della famiglia umana? O la sua costante attenzione alle periferie del mondo, certamente anche ripensando ai suoi avi emigrati dal Piemonte all'Argentina. O ancora, la preghiera da solo in Piazza San Pietro nei giorni della pandemia?».
Ma poi, prosegue il presidente, «su tutto si impone un pensiero, quello che ha deciso di fare nel giorno di Pasqua» poche ore prima di morire, «la benedizione al mondo e il giro tra i fedeli, ultimo richiamo al principio
di umanità che oggi appare un saluto a tutti». Un lascito. «E la risposta non deve limitarsi al ricordo e alla riconoscenza, ma deve tradursi in responsabilità». Meno chiacchiere, più fatti, «seguite i suoi insegnamenti».
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