I tatuaggi e le cicatrici sulle braccia di Adrian segnano tutto il dolore vissuto negli ultimi dieci anni, da quando cioè ha lasciato la Romania per venire a Milano. Da allora ha vissuto sotto i ponti, dentro una carrozzeria e nelle baracche. Insieme con lui la moglie e quattro figli, due ragazze (la più grande ha 21 anni e un figlio di 18 mesi) e due bimbi.«Venivano i vigili con le ruspe – racconta Adrian – ci sfollavano e ci costringevano ad andare a vivere in un altro posto. A loro non importava dove andassimo. Siamo anche andati a bussare alla porta della Casa della Carità ma ci hanno cacciati perché non siamo rom». Poi, però, sono arrivate l'amicizia con un prete e la beneficenza di una persona che, in cambio della promessa di trovarsi un lavoro onesto, paga ad Adrian l'affitto di un vero appartamento.
La baracca in cui Adrian e la sua famiglia hanno vissuto per quasi tre anni non è lontana dalla nuova casa. Ci si va a piedi. A ridosso di un complesso residenziale ai margini del quartiere Adriano alcune baracche circondano un parco ben curato. Un cartello logoro recita così: «Vigili dove siete? Terra di vergogna». Una strada sterrata porta verso il Naviglio che, in questi giorni, è in secca. Il caldo è appiccicoso e l'aria densa. Si procede lentamente in mezzo al pantano finché, alle spalle del campo rom di via Idro, si arriva alla baracca. Due inverni freddi durante i quali si scaldavano con l'alcol che le domestiche usano per igienizzare i pavimenti. «Lo versavo in una pentola posta al centro della baracca e gli davo fuoco –racconta Adrian –una sera però il più piccolo dei miei figli è saltato giù dal divano e si è tirato addosso la pentola». Il bimbo ha subito preso fuoco e il padre lo ha soffocato in una coperta per spegnere le fiamme. Poi la corsa al Niguarda e un lungo mese di convalescenza. Nel raccontarlo i profondi occhi grigi di Adrian si appannano.
All'ingresso della baracca ci sono ancora alcuni tappeti. Un lucchetto e una catena tengono insieme due pannelli di lamiera arrugginita. All'interno un divano e i materassi. «Ho lasciato la Romania dopo aver fatto un incidente con la macchina – racconta –. Ho centrato un ciclista a un incrocio». Rischiava otto anni di carcere. Un bravo avvocato riuscì a ottenere otto mesi ai domiciliari. Ma Adrian aveva deciso ugualmente dilasciareil Paese. «Iprimi sei mesi ho dormito sotto un albero davanti a una carrozzeria a Bresso – continua –poi il proprietario mi ha preso a lavorare con lui». Gli dava 300 euro al mese e un letto per dormire. Così per tre anni. Poi è saltato fuori che la carrozzeria «sistemava» auto rubate e Adrian ha deciso di andarsene. Nel frattempo la moglie e la prima figlia lo avevano raggiunto in Italia. Così per dar loro un tetto sotto cui stare si erano costruiti una baracca a Cologno Monzese, non lontano da una discarica. «Sono arrivate le ruspe e gli assistenti sociali – rivela Adrian con dolore – e per non perdere i figli siamo andati a chiedere aiuto alla Casa della Carità (la fondazione presieduta da don Virginio Colmegna, ndr). C'erano molti rom in coda per entrare, ma noi ci hanno mandato via perché non siamo zingari».
Secondo una convenzione firmata con Palazzo Marino, infatti, chi vive all'interno di campi abusivi può essere accolto nella struttura della Casa della Carità per iniziare un percorso di reinserimento nella legalità. L'accordo è stato reso possibile grazie ai finanziamenti stanziati dal ministro dell'Interno Roberto Maroni. «Adrian non è certo la prima persona che racconta di non essere stata accolta – spiega un tecnico comunale –. Ci sono molte strutture che, pur non ricevendo alcun finanziamento dal Comune, accolgono famiglie che sono state allontanate da don Colmegna».
«Vivere in una baracca fa paura». Adrian non usa mezzi termini: «Andavo a montare i palchi per i concerti a San Siro o al Forum. Mi davano 5 euro all'ora, in nero». I soldi non bastavano mai. Finché qualche mese fa uno dei suoi figli ha fatto amicizia con un prete. «Mi ha dato una gran mano, sai?».
Da alcuni mesi, infatti, un paio di universitari gli portato al sabato il pacco alimentare. Il prete, poi, ha trovato un benefattore anonimo: è lui a pagare l'affitto della nuova casa, a patto che Adrian trovi lavoro.Ora può trovarlo.Ora,dopo dieci anni di nomadismo, può integrarsi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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