Donadoni ora vuole il nuovo contratto

Il ct dopo la qualificazione agli Europei di giugno: "Vorrei rinnovare subito". Poi la frecciata (ad Abete?): "Riva e lo staff non mi hanno fatto sentire solo". Stasera ultima gara con le Far Oer

Donadoni ora vuole il nuovo contratto

Modena - Secondo italico costume, sul carro di Donadoni c’è già il tutto esaurito. Persino l’avvocato Guido Rossi, ex commissario straordinario, ha l’impudenza di segnalare la primogenitura della scelta del ct bergamasco (indicato invece da Demetrio Albertini all’epoca vice del giurista di nota simpatia interista) e di denunciare invece lo scarso entusiasmo di Giancarlo Abete, attuale presidente della federcalcio. «Sulla mia auto ho solo 5 posti», scherza Roberto Donadoni che si presenta a Modena con la faccia stanca e ha una spiegazione convincente da fornire sull’argomento («Ho ancora tanta adrenalina in corpo, non riesco a dormire come vorrei»). Ma è la corsa a salire sul suo carro a tenere banco e la sua vicenda contrattuale a trasformare la placida vigilia dell’ultima, comoda sfida del girone in un martedì da lunghi coltelli, mitigato appena dalla curiosa solidarietà di Domenech che strepita per la scelta Uefa di non considerare né Italia né Francia teste di serie del prossimo sorteggio continentale.

«Non mi sono mai sentito solo, ho sempre avuto il sostegno del mio staff oltre che l’appoggio di Riva e Vladovich» la frase testuale del ct che fa pensare a una rancorosa voglia di marcare la distanza rispetto ad Abete, rimasto in rigoroso silenzio ieri sera. L’uomo è fatto di un’altra pasta, invece come si può ben capire dalle sue parole di sabato notte, dentro la bolgia di Glasgow. Ci fu una crisi nei rapporti (al ritorno dall’amichevole rovinosa con l’Ungheria, 3 a 1 il risultato, infortunio a Materazzi), sui giornali affiorarono perplessità e censure al lavoro del Ct. «A volte ci ho pensato ma non mi sono mai sentito scaricato, col presidente ho un ottimo rapporto scandito dalla stima reciproca» è la frase che sigilla la possibile frattura.

Il nodo autentico, allora, resta il contratto, in scadenza nella prossima estate, ad europeo appena concluso. «Spero possa rimanere con noi il più a lungo possibile», la frase di questi giorni di Abete ma nel frattempo di rinnovo non se ne parla. A dispetto di qualche precedente, tipo Trapattoni rimesso in sella a pochi mesi dal mondiale del 2002. «Inutile negarlo, mi farebbe piacere ottenere un altro contratto, ma non ci penso adesso, sono concentrato sulla sede del ritiro da scegliere» è la trasparente dichiarazione del ct bergamasco che non gode neppure di uno stipendio sontuoso, 600 mila euro, briciole rispetto ai guadagni di altri colleghi (i 5 milioni di Mancini con lo scudetto sul petto per fornire un dato; i quasi 4 di Ancelotti campione d’Europa). Mentre parla dell’argomento, gli squilla il telefonino, Donadoni legge l’identità della chiamata, passa il cellulare a Valentini. «Sarà mica Abete che vuole farti il contratto?», suggerisce un cronista. «Avrei risposto al volo» la replica del ct in pace con se stesso e con i suoi feroci critici dopo Glasgow.

Non certo con Matarrese e i club per via di un calendario più intasato del suo carro, che non gli offre che un paio di date per allestire altrettante amichevoli (6 febbraio a Firenze o Palermo contro l’Olanda, 26 marzo a Valencia contro la Spagna). «Spero ci siano comprensione e collaborazione, ho ottimi rapporti con i tecnici, non pretendo priorità assoluta ma confido nel dialogo». Nel primo semestre del 2008, non ci sono invece a disposizione, tra recuperi di campionato e coppe, date a disposizione per organizzare degli stage.
Più preciso infine il riferimento al gruppo dei 23 azzurri da battezzare per l’Austria e la Svizzera. Per la prima volta Donadoni assegna alcuni posti. «A disposizione ci sono ancora 4-5 caselle» risponde secco e preciso: come dire che i primi 18 sono assegnati ai protagonisti della qualificazione, mancano all’appello il terzo portiere (Curci ha tolto il posto ad Abbiati indisponibile al ruolo), un difensore, due centrocampisti (tra cui Aquilani) e un attaccante.

«Spero che questo rappresenti uno stimolo per tutti» è l’auspicio del ct insensibile solo ai paragoni con la schiatta dei bearzottiani («Anche loro fecero cose straordinarie»). Non è proprio così, Bergomi e soci fallirono la qualificazione per Francia ’84. Ma questa è un’altra storia.

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