Donne in guerra contro i soprusi in mondi lontani

Vengono dal Bangladesh, dall’Irak, dall’Iran, dalla Somalia e non solo. Sono i romanzi che raccontano mondi diversissimi tra loro, attraverso le donne vittime di soprusi ma capaci di reagire e talvolta anche di sorridere. Come Nahal Tajadod nel romanzo Passaporto all’iraniana (Einaudi, pagg. 250, euro 15,8, trad. Camilla Testi). A Teheran, per rinnovare il passaporto bisogna fare 48 ore di coda e attendere un mese. Chi non vuole aspettare, si affida ai soliti intrallazzoni. Anche Nahal, la protagonista, che si trova in situazioni esilaranti.
Tragica è invece la storia di Rehana nel romanzo I giorni dell’amore e della guerra di Tahmima Anam (Garzanti, pagg. 342, euro 18,60, trad. B. Bagliano). È la battaglia di una vedova per riavere i figli dopo che un giudice li aveva affidati a uno zio. In sottofondo il Bangladesh invaso dall’esercito del Pakistan.
I giardini di Baghdad. Storia della mia famiglia perduta, di Leilah Nadir (Cairo Editore, pagg. 381, euro 18, trad. M. Petrillo) è la saga famigliare di un mondo perduto. Di padre irakeno cristiano e di madre britannica, Leilah descrive la storia di un Paese in guerra attraverso il destino dei suoi parenti.
S’intitola Nodi il romanzo di Nuruddin Farah (Frassinelli, pagg. 502, euro 18, trad.

Silvia Fornasiero) ambientato in una Somalia in rovina. Il desiderio di riscatto s’incarna in Cambara, somala di nascita ma cresciuta a Toronto. La donna torna a Mogadiscio dopo la morte del figlio. Ritroverà se stessa in un Paese dove le donne si battono per la pace.

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