Ma dove sono finiti i campioni del mondo?

Analisi della disfatta azzurra. Dopo la sconfitta il bersaglio diventa uno solo: il ct Donadoni. Com'era già scritto in partenza

Ma dove sono finiti i campioni del mondo?

Diceva Carmelo Bene che «di Maradona ne può arrivare un altro ma di Van Basten ce n’è uno solo». Come dire: c’è gente che nasce con la camicia. E lo deve aver pensato Roberto Donadoni dopo il 3-0 beccato ieri dall’Olanda e anche un po’ alla vigilia dell’esordio europeo, vissuto come un bersaglio da tiro a segno. Tanto che in una delle stazioni verso la partita con l’Olanda - nello specifico l’intervista con la Rai che deve fare per contratto - si è dovuto pure giustificare: «È vero: non posso essere l’Alain Delon dei bei tempi o il Brad Pitt di oggi. Io ho altre ambizioni». E l’ha detto tenendo ben presente titoli, articoli e commenti che la vigilia azzurra ha avuto come unico obbiettivo lui: il ct bersaglio.

Per carità, anche questo sta nel contratto, eppure sai che bello una volta nella vita essere come Van Basten, l’unico, l’inimitabile, quello che quando parla tutti ridono tanto è simpatico e soprattutto dice sempre cose intelligenti. Era un po’ come quando giocavano insieme nel Milan, lui scartava gli avversari ne faceva il cross, l’altro la metteva dentro e si prendeva il gol e la gloria. Così se Van Basten fa fuori uno come Van Nistelrooy per i mondiali ha sicuramente ragione, provate a fare lo stesso discorso prendendo come esempio il nostro ct e Totti.

E certo, si può discutere - come abbiamo fatto qui sul Giornale ieri - se sia giusto o no lasciare in panchina Del Piero, poi però se si arriva a leggere «dietro a Toni c’è una discreta ressa e una discretissima confusione» (Tuttosport), oppure «la vedo male, potrebbe essere il nostro primo incidente» (intervista a Giancarlo Dotto sul Riformista) già capisci come va a finire. E si spiega che il nostro ct dica anche: «Qualcuno ha detto che ho l’alito pesante, come di una persona che ha mangiato aglio. Assicuro tutti che i denti me li lavo».

Così, quando inizia la Partita che Conta, il destino è già segnato: l’Unico sembra un vero re e l’unica nota stonata è il calzino azzurro dei suoi a deturpare la maglia arancione. Il Solito invece ha già la faccia tesa e non basta mettere un Ambrosini al posto di De Rossi per convincere il mondo di avere il fiato giusto. Perché succede di tutto: che il centrocampo targato Milan dimostri gli affanni di una stagione, che Buffon rinvii una palla in mezzo all’area come un portiere qualunque, che un fuorigioco, una volta assolutamente normale, diventi materia per contestare inutilmente un gol e che i cinque minuti che schiantano Donadoni sembrino già in fondo scritti da tempo. E controfirmati da quelli che non aspettavano altro di vedere Van Nistelrooy - tornato appunto per dare ragione al suo ct così Unico - e Sneijder farci dimenticare di essere campioni del mondo.

Insomma: è tutto finito così, in un lampo. È tutto tornato così normale, pronti alle contestazioni contro il nostro ct e senza più notti magiche.

E mentre l’Unico se la gode - perché è proprio vero che di Van Basten ce n’è uno solo - noi tutti invece stamattina ci sentiamo un po’ Donadoni. Pensateci, è proprio come al solito: abbiamo perso una partita ed è già l’ora di giocarne un’altra.

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