Ds in agonia verso il congresso. Mussi annuncia la scissione

I fassiniani: il 75% degli iscritti è per il Partito democratico. Sospetti nelle sezioni sull’aumento delle tessere: "A Bologna eravamo 120 a discutere e 500 a votare"

Ds in agonia verso il congresso. Mussi annuncia la scissione

Roma - Nel giorno in cui Fabio Mussi spiega che il Correntone può abbandonare il partito prima del congresso, Piero Fassino prova a gonfiare i muscoli. E così il coordinatore nazionale della segreteria, Maurizio Migliavacca, sciorina i numeri delle votazioni, per certificare la salute del suo leader. Il tono? Trionfale: «Con circa il 50% dei congressi - dice - oltre il 75% dei votanti si è espresso per la mozione Fassino. È un pronunciamento chiaro e netto che impegna maggiormente i Ds nel cammino per la costruzione del Partito democratico».

I numeri dei congressi. Percentuali plebiscitarie: il film che piacerebbe alla segreteria dei Ds (e che Mussi contesta). In realtà, passando i dati ai raggi «X» si scopre un malumore profondo. Il dato del Correntone, al 14,2% (16% per Mussi) è figlio di un clima di disarmo che attraversa la sinistra interna. Disagio per i tesseramenti gonfiati, stupore per i votanti «cammellati», per il prevalere degli apparati sui militanti. Ad esempio nei congressi romani, dove in molte sezioni si discute in 40 e poi si vota in 200 (e i «solo-votanti» quasi tutti per Fassino, ovviamente), con percentuali di partecipazione superiori addirittura ai congressi della Svolta. Stesso fenomeno a Bologna, dove Mauro Zani racconta: «Ricordo un caso in cui a discutere eravamo in 120, e poi a votare sono arrivati in 504!». Insomma, prevalgono gli apparati creati dai rappresentanti istituzionali. Di fronte a questo malumore, Mussi e i suoi, meditano di abbandonare prima del congresso nazionale, per evitare uno dibattito che potrebbe essere durissimo.

«Effetto Iacona». E dire che se si volesse tastare il polso reale del partito, basterebbe guardare la straordinaria terza puntata di Pane e politica, bellissimo viaggio di Riccardo Iacona nei retrobottega della politica italiana, (W l’Italia su Raitre). Un documentario sconvolgente, perché Iacona è un rullo compressore, un inchiestista che parte da un dettaglio fuori sesto, e poi ripercorre tutti i fili e tutte le piste fino ad arrivare al bandolo della matassa. Domenica, il bandolo che non tornava era il sorriso di una neo-deputata ds abruzzese, Pina Fasciani. Il documentarista di Raitre ce la fa vedere una prima volta a Montecitorio raggiante per l’elezione. Giovane, donna e sindacalista: a prima vista perfetta. Poi Iacona fa un salto nel tempo e nello spazio, torna in Abruzzo davanti alla fabbriche. Si presenta con una foto della Fasciani. Resta lì per una giornata, tutti i turni, e scopre che solo due (!) persone la conoscono su centinaia di interpellati. Poi intervista il segretario della Cgil locale, Paolo Castellucci, che dice: «Non la conosciamo, è andata via dieci anni fa».

Poi un altro dirigente dei Ds, Roberto Ferrini, che gli mostra un verbale: nella discussione sulle candidature, in 110 avevano indicato una donna, 10 avevano scelta un’altra, solo 4 una terza. Indovinate chi? La Fasciani: che votata da quattro gatti, è stata eletta. Viola Arcuri (che aveva vinto ed è stata scartata) è passata a Rifondazione. Uno dopo l’altro, tutti gli intervistati della Quercia tranne uno (il protettore della Fasciani, Massimo Luciani) dichiarano la propria sfiducia per la politica, per il partito, «per l’impossibilità - come spiega Oscar Buonadi - di incidere democraticamente nelle scelte». Un film che dovrebbe essere un promemoria per il Botteghino e per tutta la classe dirigente.

Tessere misteriose. E che dovrebbe essere accompagnato da un’analisi rigorosa di quel che è accaduto in giro per l’Italia. A Roma il tesseramento è incredibilmente aumentato del 40% al punto da essere annullato dagli organismi di garanzia. Lo stesso provvedimento preso, con percentuali simili a Catanzaro. Per non dire dei dati a dir poco fantascientifici di Vibo Valentia (iscritti passati da 2.000 a 4.000 in un solo anno!) e dell’incredibile pasticcio di Caserta, dove le tessere si sono addirittura triplicate (da 2.800 a 8.300). Ad Avellino, molto più prosaicamente, come ha ricordato in una minuziosa ricostruzione su La Stampa Antonella Rampino, un uomo di minoranza, Raffaele Ausicchio ha denunciato pressioni dei bassoliniani sugli amministratori: «Se votate Mussi niente finanziamenti dalla regione».

E così verrebbe da chiedersi, se dietro questo strano misto di percentuali sbandierate, militanti delusi, e addii annunciati, più che l’epifania del partito democratico non si intraveda un crepuscolo dei Ds: death of a party, direbbero forse gli americani.

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