E ora spiateci anche in bagno

Abusi: grazie ai giudici i dettagli della vita sessuale sono diventati materia di pubblico dominio. Diritti: a tutti dovrebbe essere garantita la riservatezza su quello che si fa in camera da letto

E ora spiateci anche in bagno

Sesso, pudore, riservatezza. Con­tinuando a leggere oscene inter­cettazioni di supposte escort con continui riferimenti alla sfera pri­vata di persone che, pur potenti, non si possono difendere ho pen­sato di fare alcune considerazio­ni su quali valori siano prevalenti al di là dei contrasti politici, rispetto al­la dignità delle persone. Qualcuno potrà sorridere e dire: «Sgarbi continua a difendere l’indifendibile; sta dalla parte del suo amico Berlusconi. E non ci venga a dire che non si può difendere». Io ho detto: indifeso. Molti pensano: indifendibile. Il tema della difesa ci consente molte variazioni.

Berlusconi non si vuole difendere nei processi ma, come qualcuno ha detto con efficace formula, dai processi. E possiamo convenirne. Ma resta indifeso, oggettivamente, dai pettegolezzi, dalle risatine, dalle battute sulla sua età, dallo sputtanamento quotidiano, dalle vignette volgari del genere di quelle di chi si crede spiritosa come ElleKappa (ieri su Repubblica :«All’improvviso Ruby è invecchiata di due anni ». «Evidentemente fare sesso con Berlusconi è un lavoro usurante »). Uno spirito di patata, una volgarità in più. E ogni giorno, sul Fatto , accuse, insinuazioni, aggressioni di chiunque, in articoli specifici, e anche con battute parlando d’altro,travagli quotidiani. Ogni volta se mi misuro con quello che capita a me bisognerebbe querelare il giornalista.

Chi scrive, con disprezzo delle istituzioni e assoluta convinzione che la magistratura non è imparziale, che il tribunale dei ministri invocato non senza fondamento da Berlusconi sarebbe inequivocabilmente a suo favore non può non rispondere delle sue insinuazioni. Bella considerazione della imparzialità dei magistrati italiani. Anche per chi ne sostiene l’impresa, ci sono magistrati e magi-strati, e solo quelli di Milano garantiscono la vera giustizia! C’è da restare allibiti. Ma questo è il clima. E se Berlusconi tenta di difendersi con mezzi impropri e, per alcuni, cercando di sfuggire ai giudici, grazie al suo potere, è evidente a tutti che non può sfuggire al giudizio del popolo, a quanti hanno avuto dettagli sulla sua attività sessuale, racconti, descrizioni, perfidi e volgari commenti di ragazze che aspettano aiuti e favori avendo fatto calcoli come spesso fanno uomini e donne. Ma è lecito che questa scivolosa materia sia di pubblico dominio? Le leggi cui, con spaventosa ostinazione si riferiscono i magistrati di Milano, sono state concepite per proteggere minorenni indifese da adulti che approfittano della loro buona fede e della loro ingenuità. Ruby ingenua? Ruby parte lesa?

Una ragazza araba, in Italia, fuori casa con i genitori consenzienti. Libera di muoversi a Milano tra locali e discoteche, da cosa deve essere difesa? Neppure da se stessa. In Marocco le ragazze diventano madri a dodici anni e, arrivate in Occidente, possono valutare le opportunità, liberamente senza ricatti. Nessuno ha sfruttato la prostituzione di Ruby che agiva solitaria; e non era una prostituta. Come non lo è quando, per quarantamila euro, grazie all’inchiesta milanese, va a un ballo in Austria. Prima, come ora, si muove nel mondo che consente a una donna di usare come vuole il proprio corpo senza essere considerata prostituta. E qui si dà il problema che ho posto all’inizio. Ognuno ha diritto alla sua riservatezza. Ruby come Berlusconi. Il sesso prevede trasgressioni, impudicizia, gesti e parole che nessuno userebbe in pubblico. Ha un magistrato il diritto di renderli pubblici? Il direttore di un giorna-le, un magistrato, un professore, un farmacista, un medico, e anche un ministro, un presidente del Consiglio, hanno il diritto di entrare in una stanza, di spogliarsi e di iniziare azioni che tutti conosciamo ma che non vogliamo far conoscere e vedere. Nella sua casa, nella sua camera da letto il direttore del Giornale potrà fare quello che vuole per il suo e per l’altrui libero piacere? E non sarà quello che farebbe in una riunione di redazione. Perché qualcuno deve registrare, e far conoscere a tutti, i commenti e le descrizioni di quello che si è svolto in quella stanza?

Il pudore degli atti, la riservatezza delle parole, la libertà dei comportamenti sessuali, le perversioni perfino, condivise, legate agli istinti, possono essere di pubblico dominio? Forse in un romanzo. Ma immagino che nudi, in erezione, a gambe aperte, i magistrati di Milano, uomini e donne, si mostrino diversi da come appaiono nelle aule dei tribunali, e che sia legittimo non vederli e non descriverli in quelle posizioni. Al presidente del Consiglio questo non è concesso: egli ci è «raccontato » in tutte le posizioni, trasformando la legittima impudicizia in vergogna. Registrazioni rubate, intercettazioni, interrogatori soprattutto a persone non indagate, rivelano condizioni e situazioni che nessuno ha il diritto di esibire in nome di una giustizia che diventa ludibrio. Perché devo essere seguito quando vado in bagno? In quello spazio deciderò se lavarmi le mani, se fare pipì, se calarmi i pantaloni, perfino se masturbarmi.

Un’oscura valutazione di quest’ultima opportunità impone la divisione dei bagni pubblici in maschili e femminili. Tutti ricordano l’incidente fra Vladimir Luxuria e la Gardini.

Ci sarà dunque uno spazio in cui un uomo e una donna possono pretendere di stare soli, senza che nessuno li osservi? Ognuno di noi, anche il presidente del Consiglio? O, in nome di un reato che non esiste, di una prostituta che non c’è e di donne che legittimamente per-seguono il loro interesse, dovremmo oscenamente mostrare a tutti ciò che facciamo solo quando nessuno ci vede?

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