È lo scoop del giorno in un giorno pieno di notizie e di primizie di una campagna elettorale che sul calendario è appena cominciata ma che molti vorrebbero fosse già finita. Proprio nelle ore in cui i repubblicani hanno perso per strada Mitt Romney (ora dicono tutti che non è stata una gran perdita) e diventa così scontata la scelta di John McCain, i democratici tirano fuori altri coltelli e altri veleni nella lotta fra Hillary Clinton e Barack Obama, una contesa che sta diventando una faida.
L’estenuante conteggio dei delegati (una «lunga notte» che dura ormai da tre giorni) ha inasprito i contendenti e ha portato alla luce con urgenza sospetti che qualcuno probabilmente già nutriva e che ora vengono a galla. Della Clinton, in particolare, si ipotizza sempre più, al punto che ormai lo si denuncia, addirittura un complotto per «rubare» la nomination a Obama. Il trucco è fattibile e qualcuno lo vede già in opera. Debbono ancora votare una ventina di Stati, ma a questo punto sembra improbabile che uno dei due contendenti residui possa conquistare nel secondo e ultimo atto del dramma delle primarie un vantaggio tale da far pendere decisamente la bilancia in proprio favore.
Se adesso Hillary e Barack sono pressappoco alla pari come numero di delegati, si presume che lo saranno anche alla vigilia della Convenzione, a fine agosto. Ma probabilmente con la Clinton sarà la grande maggioranza dei cosiddetti «superdelegati», coloro che non hanno bisogno di essere eletti ma siederanno nell’assemblea per «meriti» o motivi precedenti. Sono 400 su 4000 e avranno un po’ il ruolo, tanto e comprensibilmente contestato, dei senatori a vita in Italia; solo che sono molti di più. Il contingente si compone in gran parte di membri democratici del Congresso (deputati e senatori) più gerarchi di apparato, rappresentanti dei sindacati e di altre lobby potenti all’interno del partito.
Se saranno loro a decidere, il sistema delle primarie sarà tradito nel suo spirito, in quanto è nato per liberare le scelte degli elettori e mettere i candidati a più diretto contatto con le radici della vita politica americana. Fu il più celebrato dei presidenti democratici del dopoguerra, John Fitzgerald Kennedy, entrato nel mito con l’assassinio di Dallas, a volere le primarie, il responso diretto dei cittadini sostenitori del Partito democratico. Una decisione presa e imposta nel 1960. Prima, per oltre un secolo e mezzo, i candidati alla casa Bianca venivano scelti dai notabili all’interno dell’apparato. Tuttavia, eletti o no, questi superdelegati sono membri legali della Convenzione.
La «congiura» consisterebbe in altro: nel fatto che, per motivi troppo lunghi da spiegare, ma nella loro sostanza innocenti, molti Stati hanno scatenato la corsa a scavalcarsi per votare all’inizio della stagione. I partiti hanno messo delle regole, che nel caso dei democratici consistono nella «squalifica» dei delegati eletti dove si è votato prima del 3 febbraio. Con la conseguenza che quasi tutti gli aspiranti alla Casa Bianca hanno obbedito al partito e non si sono presentati, per esempio, in Florida e in Michigan. La senatrice Clinton invece sì, e naturalmente ha vinto, lanciando la propria immagine, ma intascando zero delegati perché in palio non ce n’era. Tuttavia, nel salutare e ringraziare chi aveva votato per lei in Florida, Hillary lanciò dal palco una promessa: «Farò in modo che i vostri voti contino».
In che modo? Dando battaglia nei giorni precedenti l’apertura della convenzione in seno al comitato incaricato di ratificare le delegazioni.
Dato l’equilibrio odierno, diventeranno decisivi in questo voto procedurale i voti dei «super» non eletti e tutto lascia pensare che essi sceglieranno di riammettere alla Convenzione gli «squalificati», assicurando così la candidatura della Clinton anche se la maggioranza degli Stati e dei voti popolari si sarà pronunciata per Obama. Queste le fila del complotto, che è difficile sventare, ma che può essere utile per i sostenitori di Obama rivelare e denunciare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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