Caro direttore,
mi attribuisco il merito - perché ce l'ho - di avere aperto un dibattito ed un confronto dentro Forza Italia, non solo sulla forma partito ma anche sulla nostra identità e sulle prospettive politiche del Paese. So che aprendo questo dibattito ho aperto una falla in una diga che rischia di straripare, tanto è forte e impetuoso il bisogno di partecipare, di parlare, di essere protagonisti della nostra base e dei nostri elettori. Sono sicuro, tuttavia, che quello che ho fatto farà bene a Forza Italia, perché costringerà tutti a parlare di politica, perché abituerà al metodo del confronto aperto e leale, e creerà le premesse per la nascita di quel senso di appartenenza e di solidarietà fra di noi senza del quale non può sopravvivere un partito politico.
Purtroppo, non sempre il dibattito è all'altezza delle nostre responsabilità e, soprattutto, non sempre corrisponde alla necessità di una autentica e rigorosa riflessione politica. Qualche volta si leggono e si ascoltano interventi che hanno come unica base l'impoliticità, abito diffuso nella cultura politica del centrodestra, e l'impoliticità non conduce da nessuna parte anche se si è in buona fede e animati dalle migliori intenzioni.
Voglio fare qualche esempio. Dire che ci saremmo «accodati alla guerra di capitan D'Alema» o sostenere la necessità di un'opposizione «irresponsabile e distruttiva» rappresenta, a mio avviso, prima di tutto un errore e una incapacità di leggere le novità della politica internazionale. Se seguissimo questi consigli, allora sì che commetteremmo degli errori irreparabili e gravidi di conseguenze negative per il futuro di un partito che ha le nostre responsabilità e che si propone come una credibile alternativa di governo.
Così come quando si parla di Forza Italia, e del suo futuro, senza tener conto della realtà e senza neppure conoscere i problemi teorici e pratici legati alla necessaria trasformazione di un partito che ha fondato e fonda il suo successo sulla leadership ma che è entrato in una fase in cui alla centralità del leader occorre affiancare una strutturazione organica di partito, in modo che il carisma democratico di Berlusconi attivi, tuteli e garantisca un processo di riforma interno a Forza Italia.
Senza dimenticare, infine, che questi problemi non riguardano solo Forza Italia, ma tutti i partiti politici, sia pure in maniera diversa a seconda della propria storia e delle proprie tradizioni.
Se affrontiamo i problemi in questo modo, in modo appassionato ma anche costruttivo, allora credo che il confronto e il dibattito in corso condurranno a risultati positivi per tutti, innanzitutto per Berlusconi.
Il punto di vista che esporrò a Gubbio si può riassumere in un solo concetto: abbiamo la necessità di una riflessione politica approfondita su ciò che siamo come partito, su ciò che rappresentiamo in termini di valori e di interessi sociali, e sul futuro che desideriamo per il nostro Paese.
Partendo da due dati di fatto inoppugnabili: il primo che Berlusconi ha il dovere e la responsabilità, dopo le elezioni di aprile, di rappresentare le speranze della maggioranza reale dell'Italia; il secondo che Forza Italia, nonostante tutto, rimane il primo partito italiano. Proviamo amarezza per una sconfitta dovuta a poche migliaia di voti ma abbiamo grandi responsabilità delle quali dobbiamo rendere conto, a partire da quelle che riguardano Forza Italia.
La funzione di Berlusconi è, a mio avviso, forse ancora più indispensabile che nel passato ed è stata consacrata dal risultato delle elezioni di aprile. C'è ancora bisogno di Berlusconi anche perché l'attuale maggioranza di governo è incapace di proseguire lungo la strada delle riforme realizzate dal governo della Casa delle libertà. L'attuale governo è dominato, per la prima volta nella storia della sinistra italiana, dalle sue componenti più estremiste, più massimaliste, laiciste, anticattoliche e antinazionali. Bisogna al più presto riprendere il cammino interrotto delle riforme, del cambiamento e della modernizzazione dell'Italia. In questo momento solo Berlusconi può rappresentare l'intero popolo di centrodestra, coalizzare tutte le forze politiche dell'opposizione, allargare l'opposizione a nuove forze politiche necessarie per una politica liberale, e creare le condizioni per un soggetto politico nuovo che rappresenti di per sé il lascito politico, culturale e morale più importante di Berlusconi nella storia italiana.
Parallelamente a questo ruolo di Berlusconi, abbiamo il dovere di consolidare ed estendere i consensi e la forza politica ed elettorale di Forza Italia, primo partito d'Italia con il 24 per cento dei consensi. La vita politica italiana ha bisogno di due forti partiti, che costituiscano l'ossatura fondamentale delle due coalizioni che si confrontano per la guida dell'Italia; due partiti attorno ai quali possano nascere da una parte il Partito Democratico e dall'altra il Partito della Libertà, salvaguardando così il bipolarismo e la democrazia dell'alternanza.
Per dare finalmente a Forza Italia la natura di partito politico che non patisce continuamente l'effetto di fenomeno transeunte e legato esclusivamente alla figura di Berlusconi, occorre compiere alcune scelte fondamentali che sono sicuro Berlusconi annuncerà nelle prossime settimane.
Innanzitutto Forza Italia ha una classe dirigente, nazionale e locale, di tutto rispetto, migliore di quella di qualsiasi altro partito italiano. Mi affanno a dirlo da anni, senza essere ascoltato, soprattutto da una stampa a cui noi stessi diamo l'alibi per parlare di Forza Italia con le tinte del pettegolezzo continuo. Quando si parla dei quarantenni, di cui faccio anagraficamente parte anch'io anche se con alle spalle un'esperienza politica e culturale originale, si dimentica che in questi anni ho reso possibile, vincendo resistenze fortissime, un rinnovamento generazionale degli incarichi del partito, dei coordinatori e dei responsabili dei dipartimenti, senza precedenti e analogie con altri partiti. Bisogna continuare lungo questa strada, ma senza saltare le tappe necessarie e una necessaria maturazione politica della nuova classe dirigente, a partire dall'umiltà e dalla generosità, che in politica è una dote necessaria. Per questo la prima decisione da assumere è quella di dare vita nel più breve tempo possibile ad una Direzione nazionale del partito, della quale facciano parte gli esponenti più importanti del partito, con il compito di assistere il Presidente nelle decisioni politiche e organizzative più importanti. La seconda decisione da assumere riguarda l'indizione dei congressi comunali e provinciali, con l'elezione dei delegati al terzo congresso nazionale del partito, stabilendo regole democratiche, trasparenti e tali da coinvolgere il maggior numero possibile di simpatizzanti. A questo scopo occorre rivedere lo Statuto, per stabilire all'interno del partito regole e garanzie chiare ed efficaci per tutti, a partire dalla fissazione certa di un termine agli incarichi ad ogni livello, a partire dal coordinatore nazionale.
Mantenimento di un partito fondato sulla leadership e democratizzazione dal basso costituiscono una sfida necessaria per sostenere Berlusconi in questa nuova impresa politica e per creare le fondamenta del partito dei moderati e dei riformisti, il partito della libertà.
L'incontro di Gubbio, che si aprirà giovedì pomeriggio, e che vedrà la partecipazione di tutti gli esponenti più autorevoli di Forza Italia, sarà - questo è il mio auspicio - il primo banco di prova e la prima occasione per mostrare al Paese l'esistenza di un partito vero, animato da valori profondi e da progetti politici credibili, oltreché da una classe dirigente affidabile. Un partito che rappresenta milioni di elettori e formato da migliaia di militanti, che sono pronti a dare battaglia, a fianco di Silvio Berlusconi, per affermare un progetto di cambiamento e di rinnovamento dell'Italia.
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