Ah, la famosa pummarola italiana. Quella che era un vanto e un simbolo dello Stivale. E che adesso, sui banchi dei supermercati milanesi, parla una lingua forestiera e gutturale. Proprio mentre - in vista dell’Expo 2015 - in Lombardia si prepara il lancio di un programma di educazione al cibo consapevole per i bambini delle scuole elementari, che parlerà di rapporto col territorio e con le sue produzioni, la grande distribuzione mette in vendita sotto la Madonnina tonnellate di pomodori «provenienza Olanda». Pomodori che arrivano da un paese lontano, nuvoloso e ventoso. Che fanno mille chilometri sui camion frigoriferi. E che ciò nonostante soppiantano sui nostri banconi i pomodori del centro e del sud Italia.
I pomodori «made in Nederlands» hanno fatto la loro comparsa da qualche tempo. Prima sporadicamente, poi in modo più massiccio. La loro affermazione appartiene all’universo un po’ misterioso dell’economia globalizzata, senza barriere d’affari e di dogane, ma con regole e culture che cambiano da un paese all’altro. Al punto d’approdo della catena, il consumatore: che guarda il costo e la qualità, ma che al cartellino (obbligatorio) che indica il paese di provenienza getta in genere un’occhiata distratta.
Carrefour - colosso controllato dai francesi - è uno dei marchi della grande distribuzione che nei giorni scorsi ha messo in vendita anche a Milano quantità importanti di pomodori olandesi: «Ma vogliamo precisare - dice Lorenzo Trovato, responsabile acquisti ortofrutta del gruppo - che arriviamo a vendere fino a tredici tipi di pomodori, e a venire dall’Olanda è uno solo, gli altri sono tutti esclusivamente o prevalentemente di produzione italiana. E soprattutto che la scelta dei pomodori olandesi riguarda solo un breve periodo di tempo: la produzione invernale della Sicilia è praticamente finita, quella primaverile di Campania e Puglia è in ritardo. Carrefour, come tutta la grande distribuzione, tornerà a utilizzare pomodori olandesi alla fine dell’estate, quando da noi fa troppo caldo e le piante non producono più o fanno dei pomodori che scoppiano, nel senso che dopo un giorno sui banconi sono da buttare via».
Opposto, come si può immaginare, il punto di vista dei produttori italiani: «Quelli che arrivano dall’Olanda - dice Vincenzo Falconi di Uiapoa, l’associazione di categoria - sono pomodori tirati su in serra. Non per fare i nazionalisti, ma il pomodoro italiano è più buono, perché è una pianta che ha bisogno di sole. E la produzione è più che sufficiente. Insomma, quel che accade non è normale né ragionevole». E allora, perché accade? «Perché costano di meno, probabilmente. Merito di una catena distributiva più efficiente. Ma intanto la nostra economia agricola va verso il collasso».
D’altronde, i Tir olandesi fanno più o meno gli stessi chilometri per arrivare a Milano di quelli siciliani: e non devono neanche attraversare lo Stretto di Messina. Più freschi, magari un po’ più «sintetici», quindi più duraturi.
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