Alluminio a peso d'oro, ombre cinesi

Quotazioni vicine a quota 3mila dollari. La sfida del green

Alluminio a peso d'oro, ombre cinesi

Il prezzo dell'alluminio ha sfiorato i 3mila dollari alla tonnellata quando poco più di un anno fa segnava 1.477 dollari, quasi la metà: è il record dal 2008. Il mondo industriale che vive di questa materia prima è preoccupato. La faccenda è epocale perché si sta modificando l'assetto produttivo di un bene che è sempre vissuto in un sostanziale equilibrio tra domanda e offerta. Invece nell'ultimo anno, a parte il Covid, si è assistito a un inaspettato vigore da parte della Cina, che sta riorganizzando le sue fabbriche più obsolete per renderle meno inquinanti e aumentarne la capacità produttiva. Così il Paese asiatico, che è il primo produttore al mondo con 37 milioni di tonnellate all'anno (sui 67 di tutto il pianeta), ha cominciato a essere anche importatore: nel 2020 ha importato un milione di tonnellate di alluminio «primario» (quello che proviene dal minerale), dieci volte la quantità dell'anno prima. Per ogni tonnellata di prodotto alla quotazione va poi aggiunto un «premio», che è la somma di spese accessorie quali il margine dell'operatore, i costi logistici e quelli finanziari, così che una tonnellata di materia prima viene consegnata in fabbrica a non meno di 4mila dollari. L'alluminio fa parte della nostra vita quotidiana: dal rotolo di pellicola metallica che usiamo in cucina alla lattina di birra, dalla struttura dei serramenti alla carrozzeria di treni e aeroplani, dai motori delle auto ai cavi dell'energia, tutto è in alluminio e nelle sue tante leghe. L'Italia è un grande utilizzatore: il fatturato complessivo 2020 del segmento delle prime lavorazioni è stato di 9,2 miliardi, il 40% di export. Il tessuto industriale nel nostro Paese è composto di circa 500 aziende con oltre 15mila dipendenti; il polo principale è in Lombardia. L'utilizzo pro capite è di circa 30 chilogrammi all'anno.

L'alluminio ha un'altra proprietà preziosa: è riciclabile praticamente al 100% per un numero infinito di volte, un bel vantaggio in tempi di ecosostenibilità. L'alluminio riciclato (quello secondario) copre in Italia circa il 35% del fabbisogno, il resto è costituito dal metallo grezzo ottenuto dalla bauxite. In tutto il mondo la propensione è di andare verso un alluminio green.

«L'Europa, invitando alla transizione energetica, ha messo più o meno direttamente l'alluminio al centro dei programmi di sviluppo», osserva Mario Conserva, segretario generale di Face, la federazione europea dei

consumatori di alluminio. «Ci attendono grandi prospettive di sviluppo, tuttavia quella stessa Europa sta da anni vessando la propria industria con i dazi sull'alluminio grezzo che pesano per quasi il 2% sul fatturato complessivo».

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