Ultimatum di Atlantia al governo. L'ingresso dello Stato o di soci di minoranza privati nel capitale di Aspi, la concessionaria autostradale del gruppo, potrà avvenire solo se sarà garantita la concessione e quindi abolito l'articolo 35 del decreto Milleproroghe che pende come una spada di Damocle sul futuro del gruppo. L'esecutivo, però, non ha una linea chiara: è circolata l'ipotesi di un nuovo vertice convocato oggi, ma fonti ministeriali l'hanno smentita, segnale che tra il Pd «aperturista» e l'M5s, deciso alla revoca, manca per ora la sintesi.
«Atlantia si è dichiarata disponibile - a seguito del ripristino di una situazione di certezza circa la Convenzione e circa le regole applicabili - a valutare l'ingresso di soci terzi nel capitale di Autostrade per l'Italia nel rispetto dei diritti degli attuali soci di minoranza già presenti nel capitale», scrive la società nelle risposte agli azionisti in vista dell'assemblea di oggi. La società ha precisato che «al momento, non essendosi ancora avverate le citate condizioni per l'avvio di una vera e propria trattativa, sono in essere unicamente alcuni contatti preliminari con primari investitori istituzionali nazionali e internazionali interessati a valutare un eventuale investimento nella società, qualora dette condizioni si avverassero».
Una vicenda che ha una forte analogia con il caso Ilva. A Taranto lo scudo penale ha messo quasi in fuga il socio privato Arcelor Mittal, e ogni potenziale sostituto, e ora, nel caso di Autostrade, un'altra norma imbastita dal governo rischia di far naufragare un gruppo gravato finanziariamente dal tira e molla con la maggioranza: da due anni, dalla caduta del Ponte Morandi, in concessione ad Aspi, si ipotizza una revoca che non è mai arrivata, un'incertezza che ha fatto perdere al gruppo il rating investment grade.
Nei documenti assembleari Atlantia spiega che «in caso di revoca della concessione, tutti i creditori di Autostrade per l'Italia potrebbero esercitare il recesso e richiedere il pagamento immediato dei rispettivi prestiti». Tuttavia, poiché l'articolo 35 del Milleproroghe, «ha ridotto considerevolmente e in modo arbitrario l'importo dell'indennizzo previsto in Convenzione unica ed escluso che l'efficacia del provvedimento di revoca sia sottoposto all'indennizzo, Autostrade per l'Italia sarebbe tenuta a ripagare tale ingente ammontare di debiti senza avere le risorse finanziarie necessarie». In soldoni, rischia di fallire perché come ribadito anche dall'ad Carlo Bertazzo «nessuno presterà mai un euro ad Aspi finché resta il Milleproroghe». Così, anche se il management ha «allo studio l'ingresso di nuovi soci» in Aspi e Telepass, ribadisce che non si sono ancora «avverate le condizioni per l'avvio di una vera e propria trattativa», ma «sono in essere unicamente alcuni contatti preliminari».
Quanto ai rumor su una possibile diluizione di Edizione in Atlantia (partecipata
dalla holding dei Benetton al 30%), Bertazzo ha detto: «Non posso commentare le intenzioni degli azionisti, ma vedo con favore operazioni per portare in Atlantia soci privati che ne rafforzino il ruolo nelle infrastrutture».
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