La Bce detta i tempi della riforma del Patto di stabilità, da mandare in porto non oltre la fine dell'anno. Una manciata di mesi in cui dovrebbe risolversi la conflittualità fra i diversi Paesi dell'Unione sugli aspetti più cruciali dell'impianto che andrà a governare soprattutto il piano di progressivo rientro dall'indebitamento eccessivo.
Tanta fretta viene motivata a Francoforte proprio con lo scopo di «ancorare le aspettative per la sostenibilità del debito e la crescita sostenibile e inclusiva», come viene messo nero su bianco nel parere sul «nuovo» Patto pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale. Senza «un rapido accordo», scrive l'Eurotower, e «una rapida istituzione di un quadro di bilancio credibile, trasparente e prevedibile, si potrebbe creare incertezza e ritardare indebitamente il necessario adeguamento fiscale e l'impeto per riforme e investimenti».
Già all'inizio di giugno la presidente della banca centrale, Christine Lagarde, aveva sollecitato un'accelerazione del processo di rinnovo, con l'invito rivolto ai Paesi ad appianare i dissensi rispetto alla proposta della Commissione Ue incardinata su piani o traiettorie sulla spesa pubblica nel medio termine da concordare tra gli Stati e l'esecutivo europeo, purché portino a una riduzione sostenibile del debito. È la Germania, in primis, ad aver alzato un muro contro la proposta di Bruxelles di un percorso ad hoc, tagliato su misura, per permettere a ogni singolo Stato di portare a buon fine la ristrutturazione dei conti pubblici. Berlino pretende invece paletti uguali per tutti (calo annuo dello 0,5% del deficit e dell'1% del debito in eccesso), con un occhio particolare verso l'Italia, che invece invoca una maggiore elasticità.
Nell'Ecofin di giugno il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti aveva infatti avanzato la richiesta di una «golden rule» temporanea alla regola sulla spesa chiedendo considerazione per gli investimenti prioritari, in particolare sulla transizione. È un approccio che viene valutato positivamente dalla stessa Bce, secondo cui è «cruciale» che «gli aggiustamenti di bilancio non arrechino danni agli investimenti». Negli impegni di aggiustamento dei conti l'istituto centrale «raccomanda che siano incluse ulteriori salvaguardie per garantire un aumento negli investimenti per le priorità critiche della politica, come la transizione verde e digitale». D'altra parte, non sarebbe possibile una stabilizzazione dei rapporti debito-Pil in assenza di «politiche economiche favorevoli alla crescita, compresi investimenti pubblici, che devono essere debitamente incentivate nel quadro di governance economica riformato dell'Unione».
Ma è sempre la Bce che, dopo aver dato un colpo alla botte, ne dà uno anche al barile quando afferma che rispetto al periodo di aggiustamento dei conti viene sostenuto «un utilizzo prudente delle estensioni dei piani nazionali». Inoltre, viene chiesto di «precisare la metodologia alla base dell'analisi di sostenibilità del debito della Commissione», come pure che venga «ulteriormente precisata la definizione di spesa netta».
Dopo un primo giro di tavolo al Consiglio dei ministri dell'Economia in giugno, il confronto sulla riforma delle regole economiche europee entrerà secondo le attese nel vivo all'Ecofin
informale di Santiago di Compostela a metà settembre, con l'obiettivo di tirare le somme al successivo Consiglio di ottobre, in modo da raggiungere un ulteriore traguardo nella trattativa inter-istituzionale per fine anno.
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