Le minute del consiglio direttivo della Bce del 6 giugno scorso, che ha deciso il taglio dei tassi di 25 punti base al 4,25%, hanno offerto uno spaccato della divisione all'interno del board circa la politica monetaria da perseguire. Durante la riunione alcuni componenti (non è difficile indovinare che si sia trattato della Germania e dei suoi accoliti) hanno ribadito che «i rischi al rialzo dei prezzi non fornivano adeguato supporto alla decisione di un taglio».
In particolare, si legge nei verbali, «le pressioni inflattive evidenti negli ultimi dati hanno dimostrato la persistenza dell'inflazione stessa». L'incertezza politica e il susseguirsi delle tornate elettorali (evidente il riferimento alla Francia) potrebbero rendere meno rigorose le politiche di bilancio e il consolidamento fiscale potrebbe essere inferiore rispetto a quanto previsto dalle proiezioni. Insomma, un ulteriore taglio dei tassi è tutt'altro che scontato perché il board ha ribadito che la politica monetaria resterà restrittiva tanto a lungo da raggiungere il target del 2% di inflazione in quanto alcuni consiglieri hanno ritenuto che «i dati disponibili non sono sufficienti ad accrescere la fiducia» che i prezzi al consumo raggiungano l'obiettivo prefissato «entro il 2025».
Secondo gli analisti di Ing, la riunione di questo mese sarà interlocutoria poiché «il rallentamento della crescita economica e l'alta inflazione interna persistente non sono una combinazione incoraggiante». I componenti del board che hanno votato contro il taglio dei tassi hanno affermato che esso «non era pienamente in linea con il principio della dipendenza dai dati, e che c'era una ragione per mantenerli invariati». Proprio questa divisione in seno al board dovrebbe frenare nuove decisioni espansive nel breve termine. Si aspetterà, pertanto, settembre per valutare l'evoluzione del quadro macroeconomico.
La prudenza sembra quasi d'obbligo per il presidente Lagarde considerato che la Fed ancora non intende muoversi. I verbali del Fomc di giugno, diffusi mercoledì scorso, hanno evidenziato che «la maggioranza dei partecipanti ha valutato che la crescita dell'attività economica sembra essere in graduale raffreddamento», ragione sufficiente per confermare l'attuale orientamento restrittivo. La Bce, rimarca Ing, «non avrà alcun interesse a far sembrare il taglio di giugno come un errore di politica» e molto probabilmente opterà per l'inazione.
Il fatto è che i tassi elevati stanno iniziando a creare danni visibili nelle economie più esposte all'andamento del costo del denaro. L'indice Pmi del settore edile italiano a giugno è rimasto al di sotto della soglia di espansione di 50 punti, scendendo da 49 di maggio a 46, segnando la contrazione più rapida degli ultimi 22 mesi. Il nostro Paese, tuttavia, registra una situazione migliore rispetto al resto dell'area euro. L'indice Pmi costruzioni dell'Eurozona è calato a 41,8 a giugno da 42,9 di maggio, segnalando una marcata contrazione della produzione.
Particolarmente negative le situazioni di Francia e Germania. La prudenza dell'Eurotower rischia, perciò, di essere esiziale in quanto, anziché sostenere la svolta del ciclo economico, potrebbe fornire un aiuto quando la recessione sarà un fatto concreto.
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