«Il prestito ponte è illegale». Ma Ita può decollare, anche se con risorse limitate che non potranno superare 1,35 miliardi nei prossimi tre anni. Dopo quasi quattro anni e le numerose indiscrezioni degli ultimi giorni, Bruxelles detta la linea su Ita e Alitalia condannando ufficialmente quest'ultima e definendo illegali gli aiuti da 900 milioni del 2017 con cui il governo Gentiloni salvò per l'ennesima volta la compagnia aerea in difficoltà. Dall'indagine della Commissione è emerso che l'Italia non ha agito come avrebbe fatto un investitore privato, in quanto non ha valutato in anticipo la probabilità di rimborso dei prestiti, maggiorata degli interessi. A tale riguardo, dalla valutazione dei rendiconti finanziari di Alitalia effettuata all'epoca dalla Commissione è emerso che «era improbabile che Alitalia fosse in grado di generare una liquidità sufficiente per rimborsare i prestiti statali entro le scadenze previste e che essa non avrebbe potuto vendere le sue attività per raccogliere liquidità sufficiente per rimborsare il debito». Definendo i 900 milioni aiuti di Stato, Bruxelles stabilisce anche che Alitalia dovrà restituire il prestito comprensivo di interessi (al tasso del 9,5% circa 1,3 miliardi in totale), ma di fatto questa possibilità non si realizzerà visto che Alitalia è sostanzialmente una bad company e dovrà rimborsare i creditori privilegiati, tra cui lo Stato, con la vendita degli asset che non sono finiti a Ita (la newco): brand, handling e manutenzione.
«Si tratta davvero di pochi soldi rispetto a quelli a cui avrebbe diritto il contribuente«, spiega l'esperto di Trasporti Andrea Giuricin considerando «l'intervento di Bruxelles molto in ritardo». Il brand, per esempio, vale 150 milioni. Di fatto, se la vice presidente Ue Margrethe Vestager da una parte condanna l'Italia, dall'altra ha deciso di salvare Ita. Ma a precise condizioni. La Commissione europea ha infatti stabilito che questi soldi non dovranno essere restituiti da parte della nuova compagnia che sta partendo, ovvero Ita, ma anche che Roma si impegnerà a non utilizzare più di 1,35 miliardi per la newco. «L'Italia ha dimostrato che esiste una chiara discontinuità tra Alitalia e la nuova compagnia aerea Ita», ha detto Vestager dando il via libera al suo decollo a metà ottobre. La nuova società nascerà dunque con un'iniezione di capitale pubblico pari a 1,35 miliardi. Il che alza il conto finale che da anni grava sulle casse pubbliche: «Per Alitalia abbiamo speso 7 miliardi - ha commentato ieri il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi - la Nasa con meno di 3 miliardi è andata su Marte». E se questa annosa partita pare chiusa, è ancora tutto da scrivere il capitolo con i sindacati che riguarda il personale che resta fuori dalla nuova compagnia. Dopo la tensione delle ultime settimane e gli appelli politici, il governo ha deciso di aprire la prossima settimana due tavoli: uno con il ministro del Lavoro Andrea Orlando sul tema delle politiche attive e degli ammortizzatori sociali per i dipendenti Alitalia. E l'altro con Ita che nuovamente convocherà i sindacati, sulla base dei testi distribuiti, per proseguire le interlocuzioni relative all'assunzione del nuovo personale. «Abbiamo due punti fermi su Alitalia.
Da un lato garantire l'avvio della nuova società, nel rispetto degli impegni presi con la Commissione Europea, e dall'altro assicurare a tutti i dipendenti di Alitalia un percorso di politiche attive, finalizzate al reinserimento di queste professionalità nel mercato del lavoro. In questa direzione c'è il mio impegno e quello del ministero dell'Economia», ha detto il vice ministro dell'Economia, Laura Castelli
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