Caro energia, ecco le imprese che rischiano di più

Il caro energia espone al rischio dei margini negativi più di 355 mila aziende che danno lavoro a 3,4 milioni di persone. A essere maggiormente colpite sono le aziende attive nei servizi

Caro energia, ecco le imprese che rischiano di più

C’è il rischio che 355mila aziende attive sul territorio italiano siano costrette a lavorare con margini operativi lordi (Mol) negativi, quindi riducendo i guadagni, a causa del caro energia. Si tratta, sostiene l’Istituto nazionale di statistica (Istat) nella Nota mensile sull’andamento dell’economia di aziende che danno lavoro a 3,4 milioni di persone.

Il peso del caro energia

Per capire meglio l’entità del fenomeno occorre definire il termine “margine operativo lordo”, indice che rappresenta i ricavi dalle vendite al netto dei costi di produzione e prima di ammortamenti, oneri finanziari e imposte.

A fronte di ricavi dalle vendite pari a 100, ad esempio, deducendo i costi di produzione (25), quelli del personale (20) e i costi generali (10), si ottiene un margine operativo lordo di 45. A questo vanno poi dedotti gli ammortamenti (che sono costi), gli oneri finanziari e le imposte. Sottratti i valori di queste voci al margine operativo lordo si ottiene l’utile (o la perdita) di esercizio.

Va da sé che se il margine operativo lordo è negativo (quindi i costi legati alla produzione superano il costo di vendita) la sopravvivenza di un’azienda è a rischio. Un rischio che, al momento attuale, investe soprattutto le aziende attive nei servizi ma che non risparmia neppure il secondario ovvero le fabbriche.

Le imprese a rischio

L’Istat ha simulato la situazione impiegando i dati del sistema produttivo italiano del 2019, per ricostruire un quadro che costringe a lavorare con margini operativi negativi 307mila aziende dei servizi e circa 47.600 industrie.

Si tratta di un metodo di indagine che valuta soltanto il caro energia e lascia immutati tutti gli altri parametri economici delle aziende che formano il campione di studio, considerando anche che queste non scarichino sui prezzi di vendita, i maggiori costi per l’approvvigionamento di energie.

Uno scenario foriero del quadro economico attuale e che, in parte almeno, spiega perché i prezzi al consumo di beni e servizi si spostano costantemente verso l’alto.

Esaminando le imprese attive nei servizi, risulta che il 35,3% delle aziende della ricezione turistica lavorano con margini negativi. Così come il 31,1% di quelle attive nella logistica e il 20,3% dei commerci al dettaglio.

Entrando nel mondo industriale, le cartiere sono le imprese esposte al maggior rischio: sono il 57,9% quelle che lavorano con margini negativi, alle quali si accodano il 51,8% di aziende che lavorano sulla raffinazione di materie prime, il 50,1% di quelle chimiche e il 41,7% di quelle metallurgiche. Fa riflettere che, nonostante i rincari dei beni alimentari, l’11,9% delle industrie della filiera lavorino con margini negativi.

Nel tirare le conclusioni, l’Istat evidenzia come la metà delle 355mila aziende censite sarebbero a rischio operatività, quindi esposte al pericolo di una serrata temporanea se non definitiva.

La variazione dei costi energetici

I calcoli effettuati dall’Istat nel confronto dei prezzi delle energie tra il 2022 e il 2019 indicano un aumento del 775,9% del gas naturale.

La produzione e la trasmissione di elettricità ha subito un rialzo del 131,5% e la sola produzione di gas del 182,5%. Dati che fanno quasi passare inosservato il +36% del prezzo del gasolio per il riscaldamento, di cui le aziende – al pari di ogni altro soggetto – si approvvigionano.

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