Solo il 5% delle abitazioni italiane gode di una protezione assicurativa contro terremoti e alluvioni. E questo a fronte di un rischio catastrofale alto o medio alto - che secondo le stime dell'Ania (l'Associazione delle compagnie assicurative italiane) riguarda almeno il 78% degli edifici adibiti ad abitazione. C'è un problema, legato al cambiamento climatico, che rende più frequenti le calamità derivanti da intense e improvvise precipitazioni per il processo di «tropicalizzazione» del clima alla nostra latitudine. Eventi estremi che rendono più fragile il territorio e più esposti gli immobili. La cementificazione dei letti dei fiumi a carattere torrentizio, la scarsa manutenzione della rete idrica, la deforestazione nei luoghi degli insediamenti abitativi contribuiscono a produrre i danni ulteriori. Tutto dovrebbe indurre alla necessità di proteggere il futuro con forme di polizze assicurative ad hoc. C'è poi il rischio sismico, che non cambia nel tempo, ma è e resta molto elevato: almeno il 73% del territorio italiano è ad accentuata frequenza di terremoti.
Insomma, è noto che il nostro Paese è fragile e allo stesso tempo ampiamente sotto-assicurato, sotto molti profili di rischio. Ed è altrettanto noto che sia inveterata l'abitudine di considerare lo Stato come un protettore assoluto dei propri cittadini. Salvo poi accorgersi che i danni subiti vengono rimborsati dopo troppi anni dalla data dell'evento catastrofale.
Negli ultimi 10 anni lo Stato italiano ha speso circa 70 miliardi per ristorare e solo in parte i danni da catastrofi naturali. Tutti erogati dall'Amministrazione pubblica, quindi dai contribuenti, e sempre con anni di ritardo. A dispetto della sempre crescente frequenza e intensità con cui le calamità naturali colpiscono il nostro Paese, nell'ordinamento giuridico italiano non è ad oggi presente una legge organica che disciplini gli interventi statali quando viene dichiarato lo stato di calamità.
Il finanziamento pubblico alla ricostruzione del patrimonio immobiliare non è prestabilito per legge, ma deciso ex post mediante stanziamenti non pianificati, con risultati di norma inferiori alle attese che, inoltre, per l'errata convinzione di avere diritto a un ripristino totale a carico dello Stato, scoraggiano la scelta responsabile di assicurarsi con una copertura contro i danni da catastrofi naturali.
Forte esposizione al rischio, bassa copertura assicurativa, false convinzioni circa la tutela pubblica: un mix pericoloso per chi ha intenzione di proteggere il proprio patrimonio immobiliare. La diffusione delle coperture è tuttavia ancora scarsa, anche se in crescita rispetto agli anni passati. Attualmente solo il 50% delle abitazioni civili ha una copertura assicurativa contro l'incendio (a fronte del 42% del 2016) mentre solo il 5,1% delle abitazioni ha l'estensione contro gli eventi calamitosi. In crescita rispetto al 4,5% del 2020, al 3,2% del 2019 e soprattutto al 2% del 2016. Quindi le cose migliorano, ma troppo lentamente. Forse anche sull'onda degli ultimi eventi calamitosi: dal 2009 a oggi si sono verificate oltre 40 alluvioni e diversi eventi sismici importanti (nel 2009 all'Aquila, nel 2012 in Emilia, tra agosto 2016 e gennaio 2017 nel Centro Italia, a novembre del 2019 a Venezia). Al 31 marzo 2021 esistevano nel mercato oltre 1,4 milioni di polizze con l'estensione alle catastrofi naturali (erano 1,2 milioni nel 2020, 826mila nel 2019, ma solo 440mila nel 2016), ottenute come somme delle polizze con la copertura del solo rischio terremoto (820mila), del solo rischio alluvione (287mila) e di entrambe le calamità (341mila). Con i dati a disposizione si è potuto stimare, a livello nazionale, che le somme assicurate per il solo rischio terremoto sono arrivate a 325 miliardi, quelle per il solo rischio alluvione a 58 miliardi mentre sfiorano i 105 miliardi di esposizione quelle per le polizze con entrambe le coperture catastrofali. In totale, quindi, si può assumere un'esposizione complessiva di circa 487 miliardi (erano 400 nel 2020, 275 nel 2019, ma solo 175 nel 2016).
È interessante analizzare la composizione geografica nella distribuzione delle coperture assicurative: esistono sempre «due Italie» e le polizze sono meno frequenti dove ce ne sarebbe più bisogno. Da questo indicatore territoriale (è l'incidenza percentuale delle unità abitative assicurate contro il rischio catastrofi naturali sul totale delle abitazioni esistenti) risulta che solo nelle città di Milano, Varese Trento, Firenze, Mantova e Siena si arriva al 10%; in tutto il Nord la percentuale arriva al 6,6 contro la media nazionale del 5,1%. In Emilia-Romagna sono Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia a presentare l'incidenza più elevata (circa l'8%), mentre a Parma è pari a poco più del 6%. Nel Centro mediamente si assicurano contro le calamità naturali il 5,2% delle abitazioni e le città che presentano la maggiore incidenza sono Firenze (10,7%), Siena (10,0%), Prato (9,4%) e Pistoia (8,4%), mentre nel Sud l'incidenza delle abitazioni assicurate è, in media, solo dell'1,8%.
Insomma, sono le aree più vulnerabili ad assicurarsi meno.
Eppure, secondo i riscontri rilevati di recente dall'ANIA attraverso un'indagine svolta in collaborazione con GFK, più di due terzi del campione sarebbe disposto a stipulare una copertura assicurativa a condizione di avere costi contenuti e risarcimenti liquidati entro pochi mesi a seguito della valutazione del danno da parte di professionisti qualificati.
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