Euro in picchiata, l'economista Rossi: "Svalutazione positiva, ma non parliamo di crescita"

L'euro in flessione continua: vale sempre meno. La Bce punta alla svalutazione per avvicinarsi alla ricrescita. A quando l’inversione di tendenza?

Euro in picchiata, l'economista Rossi: "Svalutazione positiva, ma non parliamo di crescita"

La moneta unica del Vecchio Continente continua la propria flessione: oggi il cambio Euro-Dollaro è circa 1.23, mantenendosi sul trend degli ultimi tempi, da quando la Bce di Mario Draghi ha tagliato i tassi di interesse allo 0.05%. Benedetta da molti come arma per combattere l’austerity e la stagnazione, che stringono il collo dell’Europa e dell’Italia, la svalutazione dell’Euro spinge l’export dell’Eurozona; la parola d’ordine è riacquistare quella competitività persa sul mercato mondiale. La politica della Bce ci porterà verso la ripresa? IlGiornale.it lo ha chiesto a Nicola Rossi, membro dell’Istituto Leoni (di cui è stato presidente), che saluta positivamente la svalutazione, ma consiglia (al governo) di andarci coi piedi di piombo nel parlare di ricrescita vicina.

L’Euro vale sempre meno: quali sono i motivi del ribasso?

"Le ragioni, essenzialmente, sono due: l’andamento dei differenziali dei tassi d’interesse, che sono andati riducendosi, e le prospettive di crescita dell’area dell’Euro, che rimangono ancora deboli".

È una svalutazione “competitiva”?

"È un evento desiderato. In questo momento ogni indebolimento dell’Euro rispetto al Dollaro è da valutare positivamente. Onestamente faccio fatica a trovare i lati negativi di questa tendenza: attraverso le esportazioni – che vengono favorite – l’Eurozona può crescere, aumentando la propria competitività sul mercato globale".

Se è un bene per l’export, c’è un’altra faccia della medaglia…

"Certo, le conseguenze negative di una svalutazione ci sono. Dal momento che i prodotti che si esportano diventano meno cari, sale il prezzo di quelli che si importano: di rimbalzo viene indotta un po’ di inflazione, ma francamente, adesso, non credo che abbiamo un serio problema sotto questo punto di vista".

Per quanto ancora la Banca Centrale Europea cavalcherà questa politica?

"Non si può andare avanti all’infinito. È evidente che si tratta di operazioni fattibili entro certi limiti: i tassi d’interesse sono già bassissimi, non so quando si possa ridurli ancora. Immagino che una strada di questo genere trovi un limite".

Che sarebbe?

"Un limite implicito immagino possa essere il vincolo statutario dato dalla Bce: non avere tassi d’inflazione superiori al 2%. Poi bisogna tenere conto di una cosa: se questo andamento dell’Euro è la conseguenza delle scelte di politica monetaria, queste regalano tempo ai governi, ma da sole non possono risolvere il problema di fondo della competitività. Ripeto: la svalutazione della moneta aiuta le imprese esportatrici, ma queste nel frattempo devono agire in maniera tale da riguadagnare margini di competitività che alcuni Paesi – tra cui l’Italia – hanno certamente perso".

È possibile, azzardando, provare a mettere una scadenza alla svalutazione?

"Una scadenza temporale è pressoché impossibile da dare. Come detto prima, ho l’impressione che si avrà un’inversione di tendenza quando il tasso d’inflazione ritornerà sull’obiettivo ddl 2%: a quel punto l’Euro tornerà a salire.

E a quel punto la ricrescita sarà ancora una chimera?

"Ecco, prima faccio una premessa.

Penso che sia stata molto sottovalutata la gravità delle crisi che – come la nostra – hanno una componente bancaria: c’è stata grande leggerezza negli ultimi mesi nel parlare di ripresa alle porte; lo stesso nostro governo dovrebbe andarci piano. Detto questo, metabolizzare le crisi bancarie porta via tanto tempo: il processo di ricrescita sarà molto lungo e tutt’altro che facile".

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