Bocce ferme. Nonostante la ripresa stia prendendo consistenza, l'economia ha ancora bisogno del pronto soccorso della Federal Reserve. Doveva essere una riunione di transizione quella conclusa ieri a Eccles Building, e così è stato. Il comunicato ufficiale ricalca in massima parte quello del mese prima, fatto salvo il nuovo riferimento agli indicatori di attività economica e di occupazione che «si sono rafforzati». Ma le lancette cominciano a ticchettare: il vertice di giugno potrebbe rappresentare l'appuntamento della svolta, quando la banca centrale Usa inizierà a squadernare il tapering, ovvero il ritiro graduale degli aiuti che, a colpi di acquisti di titoli per un controvalore pari a 120 miliardi di dollari al mese, hanno gonfiato il suo bilancio fino all'iperbolica cifra di quasi 8mila miliardi.
Il presidente dell'istituto, Jerome Powell (in foto), continua a gettare acqua sul fuoco («Non è ancora tempo di discutere di tapering»), ma è il passo svelto della recovery, a dispetto dei rischi ancora avvertiti a causa del virus, a segnalare come sempre più probabile un cambio di paradigma monetario da parte dell'istituto centrale. Oggi i dati del primo trimestre dovrebbero infatti indicare una crescita del Pil pari al 6,5%, ma le proiezioni per il periodo aprile-giugno danno uno stacco ancora maggiore, attorno al 10%. C'è peraltro convergenza fra gli economisti, compresi quelli della Fed, sul fatto che quest'anno gli Stati Uniti registreranno l'espansione migliore dal 1984, il picco della Reaganomics. E l'attesa impennata porterà con sé anche l'inflazione, salita in marzo al 2,5%. La Fed ha ribadito anche ieri che la risalita dei prezzi al consumo riflette «in gran parte fattori transitori», dunque destinati a essere riassorbiti. Powell ha aggiunto che la banca attenderà che l'inflazione superi moderatamente il suo obiettivo del 2% «per qualche tempo» prima di frenare la sua politica monetaria espansiva. È un modo per tranquillizzare i mercati, che proprio sui timori di un surriscaldamento del carovita avevano mandato in tensione già nelle scorse settimane i rendimenti dei T-Bond.
Presto, però, l'istituto di Washington dovrà iniziare a scoprire le carte. E non è escluso che i verbali di quest'ultima riunione, la cui pubblicazione sarà a metà maggio, non contengano già la prova che di tapering si è discusso. La pianificazione della ritirata potrebbe decollare al summit di Jackson Hole, spesso teatro di annunci importanti. In dicembre l'annuncio ufficiale che, a partire da gennaio 2022, gli stimoli verranno ridotti.
Sarà solo il primo passo all'interno di un lungo processo di normalizzazione. I tassi dovrebbero restare inchiodati tra 0 e 0,25% per tutto il prossimo anno, mentre il 2023 dovrebbe coincidere con un ciclo di tre strette.
La Fed non ha fretta e lo fatto capire anche ieri. «L'economia è molto lontana dai nostri obiettivi, a cominciare da quelli di piena occupazione - ha affermato Powell - ed è probabile che occorrerà del tempo per ottenere ulteriori progressi sostanziali».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.