Le recenti turbolenze che hanno investito il settore bancario hanno messo in un angolo i falchi della Federal Reserve. L'inflazione non è più il nemico da aggredire alla gola. La priorità sembra ora un'altra: muoversi con i piedi di piombo per assicurare stabilità ed evitare ulteriori guai. La sterzata di Eccles Building non è solo circoscritta alla decisione con cui ieri i tassi sono stati alzati di un quarto di punto al 4,75-5%, come da attese, ma nella prospettive di politica monetaria inquadrate in un comunicato finale mai così dovish negli ultimi mesi.
Wall Street (-0,3% a un'ora dalla chiusura) ha però storto il naso. Si aspettava un nulla di fatto. Un'opzione che come ha rivelato dal presidente della Fed, Jerome Powell, è comunque stata presa in considerazione nel corso della riunione. L'aggressività è comunque sparita: nero su bianco, viene messo che quest'anno c'è solo spazio per incasellare un'altra stretta, verosimilmente in maggio e sempre dello 0,25%. Il punto terminale è infatti collocato al 5,25%, esattamente dov'era nei dot plot dello scorso dicembre. Powell ha però escluso che quest'anno la ghigliottina calerà sui tassi. Un altro aspetto sgradito ai mercati.
Al tirare di somme, è evidente come la decisione della Fed sia stata pesantemente condizionata dal terremoto che ha squassato in prima battuta Silicon Valley Bank, per poi allagare l'epicentro fino a First Republic Bank in una maionese impazzita fatta di correntisti in precipitosa fuga e Borsa in picchiata. La Fed ha così smesso di ostentare l'abituale retorica bellicista anti-inflazione e scelto di usare la mano leggera. «La storia ha dimostrato - ha spiegato Powell - che problemi bancari isolati, se non affrontati, possono minare la fiducia verso le banche sane e minacciare la capacità del sistema bancario nel suo insieme di svolgere il suo ruolo vitale nel sostenere il fabbisogno di risparmio e credito di famiglie e imprese». La rete di protezione stesa dalla stessa Fed, dal Tesoro e dalla Fdic dimostra «che tutti i risparmi dei depositanti nel sistema bancario sono al sicuro». Se sarà il caso, «siamo pronti a usare tutti gli strumenti a disposizione per mantenere al sicuro il sistema bancario». Promossa l'operazione Credit Suisse-Ubs: «Un risultato positivo, il mercato ha accettato la fusione». «L'inflazione resta elevata», «senza stabilità dei prezzi l'economia non funziona», ma Powell sa bene che le priorità ora sono altre.
Perché quanto accaduto nel settore bancario «potrebbe avere un effetto sull'economia». Il restringimento del credito, con gli istituti sempre più riluttanti a concedere prestiti, avrà il suo peso. Convinta che ci sia «ancora spazio» per un atterraggio leggero, la Fed ha di poco rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2023 e il 2024, rispettivamente al +0,4% e al +1,2%.
Ora che la Fed ha fatto una precisa scelta di campo, l'attenzione torna a concentrarsi sulla Bce. Dove le turbolenze finanziarie hanno ancor più scavato il solco fra falchi e colombe. Mentre dal governatore della Bundesbank, Joachim Nagel, è arrivato ieri un perentorio invito alla banca centrale a «essere ostinata» nell'azione di restringimento delle maglie monetarie poiché «la nostra lotta contro l'inflazione non è finita», Fabio Panetta, membro del board dell'Eurotower, è tornato a ribadire che «la nostra stretta va calibrata con prudenza» per evitare una «volatilità finanziaria indesiderata». La presidente Christine Lagarde è così costretta a muoversi in precario equilibrio dialettico.
«Data l'elevata incertezza, è ancora più importante che la traiettoria dei tassi sia fondata sui dati. Abbiamo bisogno però di una strategia solida, che tenga conto della notevole incertezza in cui ci muoviamo oggi». Senza troppo curarsi di ciò che fa la Fed.
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