Fed vede più crescita. Ma non tocca i tassi

Il Pil Usa atteso a + 6,5%. Powell: "Inflazione transitoria e sotto al 2%. Avanti con gli aiuti"

Fed vede più crescita. Ma non tocca i tassi

Una ripresa più forte del previsto, ma non ancora sufficiente a surriscaldare l'inflazione. Rassicurante come la coperta di Linus, la Federal Reserve. Alza l'asticella del Pil 2021 fino al 6,5%, dopo averla tenuta bassa lo scorso dicembre (+4,2%), e indica che l'aumento dei prezzi resterà quest'anno e il prossimo confinato sotto il 2% prima di risalire leggermente al 2,1% nel 2023.

Il migliore dei mondi possibili, salvo un colpo di coda della pandemia negli Usa, visto che la banca centrale guidata da Jerome Powell prospetta una navigazione tranquilla almeno fino al 2023. Ciò si tradurrà in una politica monetaria invariata: tassi fermi allo 0-0,25% e un budget gonfiato di 120 miliardi di dollari al mese grazie agli acquisti di Treasury e di titoli garantiti da mutui ipotecari. «Continueremo a sostenere l'economia statunitense finché sarà necessario», ha infatti confermato Powell, sottolineando che il futuro è «incerto» anche se «il peggio per l'economia è stato evitato». Eccles Building ribadisce insomma ai mercati che i timori di un picco inflazionistico legato alla Recovery sono infondati, nonostante la recente risalita dei rendimenti dei titoli decennali. Tensioni alimentate anche dal probabile effetto reflazionistico del piano di stimoli da 1.900 varato dall'amministrazione Biden. Ma Per il successore di Janet Yellen non è il caso di allarmarsi: la risalita dell'inflazione nei prossimi mesi sarà solo un fenomeno «transitorio» destinato a non impattare sui tassi.

Con l'indirizzo dato alla propria strategia la Fed sembra aver aperto una breccia anche fra gli investitori più diffidenti. Anche perché è sparito dai radar il ritiro graduale degli aiuti. Powell ha liquidato il tema, spinosissimo, con due parole: «Non è ancora momento per parlare di tapering». Wall Street ha reagito bene (+0,5% a un'ora dalla chiusura), snobbando l'orientamento più restrittivo espresso da quattro componenti del board (contro uno solo in dicembre), che prevedono una stretta dei tassi nel 2022, e di sette (contro cinque) che ipotizzano un giro di vite nel 2023.

Ma ancora più evidente è stata la reazione sui T-bond, scesi all'1,63% dopo aver toccato un massimo di seduta fino all'1,689%, non appena Powell ha accennato che nei prossimi giorni «annunceremo qualcosa sugli Slr (il rapporto di liquidità supplementare, ndr)». Ciò potrebbe significare una proroga dell'opzione con cui è stata data alle banche la possibilità di non includere i titoli sovrani negli stati patrimoniali. Una bella boccata d'ossigeno per il mondo del credito.

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