Berlino mette nero su bianco quello che era nell'aria già da tempo. La maggiore economia europea si appresta a chiudere in recessione anche il 2024. Il governo guidato da Olaf Scholz (in foto) ha rivisto al ribasso le previsioni economiche per l'anno in corso che adesso è visto segnare una contrazione del Pil dello 0,2%. I dati rivisti presentati ieri dal ministro dell'Economia Robert Habeck vanno a correggere di mezzo punto le precedenti stime che erano di una crescita dello 0,3%. I numeri snocciolati da Habeck indicano una ripresa abbastanza vigorosa l'anno prossimo, con un aumento dell'1,1%, per poi accelerare ulteriormente a +1,6% nel 2026. Per risollevare l'economia Berlino ha predisposto un pacchetto di stimoli composto da ben 49 misure volte a rivitalizzare consumi e produzione. Tra le misure spiccano le agevolazioni fiscali, gli incentivi all'occupazione e i sussidi per ridurre i costi energetici per l'industria. Habeck ritiene che questi stimoli permetteranno una crescita più forte e maggiore occupazione con i primi effetti positivi attesi già nell'ultimo scorcio del 2024. Lo stesso ministro, che è il leader dei Verdi tedeschi, ha caldeggiato anche un superamento della regola del «freno al debito» sancita dalla Costituzione in modo da liberare risorse per gli investimenti.
La Germania è descritta come il grande malato d'Europa, complice in primo luogo la profonda crisi del suo modello industriale. L'indice Pmi del settore manifatturiero è crollato a 40,6 a settembre, segnando il 27esimo mese consecutivo di contrazione, il secondo peggiore a livello mondiale dopo il Myanmar.
L'istituto Ifo parla di un paese «bloccato nella crisi» con fattori ciclici che si intrecciano con problemi strutturali. Tra le sfide strutturali del paese c'è la sua dipendenza dal settore manifatturiero, la forte concorrenza cinese e l'invecchiamento della popolazione.
Cinque anni dopo l'inizio della pandemia di Covid-19, la produzione industriale tedesca rimane circa il 10% al di sotto dei livelli pre-pandemia. «L'industria tedesca è il miglior esempio dei problemi dell'intera economia tedesca che deve prendere atto che il vecchio modello di business basato su energia a basso costo e grandi mercati di esportazione facilmente accessibili non funziona più», taglia corto Carsten Brzeski, capo economista globale di Ing.
Difficoltà che hanno spinto anche il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, ad aprire nei giorni scorsi a un nuovo taglio dei tassi Bce nel meeting del 17 ottobre. In prima linea del pressing sulla Bce c'è soprattutto la Francia. Un taglio è «molto probabile e non sarà l'ultimo» secondo Francois Villeroy de Galhau, governatore della Banca di Francia e membro del comitato direttivo dell'Eurotower. «Il ritmo dipenderà da come evolverà la lotta all'inflazione», ha aggiunto ieri Villeroy.
Intanto, in Italia i dati Bankitalia hanno evidenziato ad agosto un inatteso rialzo dei tassi sui mutui, passati dal 3,94% al 4,1%,
interrompendo così una serie di cali che durava da otto mesi. Il report mensile di via Nazionale evidenzia anche una contrazione dei prestiti al settore privato (-1,5% sui dodici mesi) e dei prestiti alle famiglie (-0,6%).
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