La grande corsa verso i «Pir»

In questi ultimi giorni la stampa si sta occupando tanto di Pir, dei Piani Individuali di Risparmio. L'attenzione e la curiosità sono alte, tanto alte che il ministro Padoan, al Salone del Risparmio di Milano, non ha perso l'occasione di commentarne i primi dati di raccolta. Un miliardo di euro in tre mesi rappresentano una rampa di lancio che potrebbe modificare completamente la aspettative. Il governo aveva ipotizzato di raccogliere 14 miliardi in 5 anni, adesso le proiezioni forniscono numeri molto diversi.

Ma per i risparmiatori questi strumenti sono effettivamente così vantaggiosi? La mia risposta è sicuramente positiva, a patto di scegliere una società di gestione capace di valutare correttamente le aziende italiane su cui investire e di massimizzare i ritorni per i sottoscrittori. Alcuni commentatori si sono concentrati sui costi che tali prodotti potrebbero avere. Ma è giusto concentrarsi sui costi e non guardare prima ai vantaggi potenziali che questi potrebbero determinare? Guardiamo al passato. Il mercato delle pmi italiane, base d'investimento dei Pir, è cresciuto in tripla cifra negli ultimi 5 anni (198% l'indice Star), ne sarebbe valsa la pena? E se questi utili fossero stati detassati, come succederà per gli investimenti sui Pir, quanto avrebbero inciso sulle capitalizzazioni future? Applicando il 26% di tassazione a quel 198% di crescita, lo ridurrebbe di ben 51,48 punti. In soldoni, se avessi investito 100mila euro 5 anni fa, nel primo caso avrei preso 198mila euro di utili, nel secondo 146mila.

Si comprende come non possa essere un problema di costi, ma di opportunità.

L'unica vera accortezza da valutare, prima di sottoscrivere un Pir è l'effettivo tempo di investimento, che va dai 5 ai 10 anni e che dovrà essere coerente con le nostre esigenze, a prescindere dalla redditività potenziale. Di questo si parlerà nella trasmissione Mercati Che Fare in onda sabato alle 20.30 su TgCom24 di Mediaset.

leopoldo.gasbarro@me.com

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