Il gruppo compra i fondi Cairn, profitti +27%. Nagel: «Cresceremo ancora»

Lasciato il capitalismo dei salotti buoni e dei patti di sindacato, Mediobanca spinge sull'estero comprando da Royal Bank of Scotland la società di fondi inglese Cairn Capital. Quella nella City per la banca d'affari creata da Enrico Cuccia è la prima vera acquisizione oltreconfine in 70 anni di storia e segue la svolta industriale avviata dall'ad Alberto Nagel con l'abbandono della missione di holding di partecipazioni. Un cambio di modello e di strategia che ha permesso a Mediobanca (+1,8 ieri in Borsa) di chiudere l'esercizio 2014-2015, terminato a giugno, con utili in aumento del 27% a 590 milioni a fronte di ricavi per oltre 2 miliardi (+12%). A trainare è stato proprio il business bancario (249,2 milioni di utile) che compensa il minor contributo del principal investing (335,4 milioni), a partire da Generali; migliorano cost-income (41%) e solidità patrimoniale (13,2% il Cet1). I soci riceveranno un dividendo superiore alle attese di 0,25 euro per azione (+67%), con un pay out del 36 per cento.

I risultati «sono andati oltre le nostre aspettative», ha detto Nagel, ma vista la volatilità delle Borse, gli obiettivi del piano non saranno rivisti. Quanto, invece, all'espansione all'estero, Cairn è solo il «primo passo» nella costruzione dell'annunciato polo di alternative asset management, ha rimarcato l'ad di Mediobanca. Insomma, lo shopping proseguirà «nei prossimi mesi». Piazzetta Cuccia ha acquisito il 51% della boutique del risparmio londinese (con il diritto di salire al 100% in sei anni), che ha 14,7 miliardi di masse e una valorizzazione in linea con i 40 milioni di ricavi. Con Cairn, Mediobanca raggiunge i 35 miliardi di masse in gestione. Prosegue, in parallelo, il piano di dimissioni delle partecipazioni non strategiche: dopo aver realizzato operazioni per circa 1,1 miliardi, nell'ultimo anno di piano Mediobanca prevede un contributo di un altro miliardo. Piazzetta Cuccia manterrà invece nello scrigno la quota in Italmobliare (9,5%) che «non è mai stata tra le partecipazioni in dismissione» e anche dopo la cessione di Italcementi a HeidelbergCement da parte dei Pesenti «non è una priorità per noi la vendita», ha proseguito Nagel dicendosi «interessato» a partecipare allo sviluppo della holding. Mediobanca continua infine a «seguire con attenzione» il lavoro del nuovo board di Rcs alle prese con un «settore in contrazione, che ha bisogno di misure di rilancio. Ci sono ambiti interessanti di valorizzazione» e Rcs «se concentrato in minori attività ha più prospettive», ha sottolineato Nagel: tra le attività da dismettere c'è la Libri, destinata a essere acquisita da Mondadori. Per Mediobanca restano poi strategiche le Generali, di cui è primo socio e deve cedere il 3% sul 13 totale.

Tornando al bilancio 2014-15, sono 126 milioni le plusvalenze dalla vendita di partecipazioni per 291 milioni: solo l'uscita da Telecom Italia è valsa 128 milioni. La divisione «principal investing» ha chiuso con utili in calo a 335,4 milioni, complice la minore redditività di Generali. Il wholesale banking è invece tornato in attivo per 157 milioni e Compass ha quasi raddoppiato l'utile (94 milioni), mentre Chebanca! ha dimezzato il rosso a 13,6 milioni.

E in casa Mediobanca, dopo le turbolenze dei mesi scorsi, va verso la conferma anche il patto di sindacato: «Credo sarà rinnovato sulle base di oggi, è un processo tranquillo», ha detto l'ad di Unicredit Federico Ghizzoni (primo socio con l'8,6%).

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