
È un mondo a colori quello di Stefano Ciotti, 51 anni, chef riminese di Nostrano, a Pesaro. Poche volte come con lui mi sono sentito a mio agio in un ristorante, immerso in un luogo votato al divertimento, alla dissacrazione, all’autoironia. Un discorso personale che ramazza in un solo colpo tutto il discorso collettivo sul languire del fine dining stilizzato e un po’ asettico.
Nostrano è un gran bel posto. Ciotti lo ha aperto una decina di anni fa e lo ha modellato con il tempo a sua immagine e somiglianza. Nel 2017 ha ottenuto una stella Michelin, che a Pesaro mancava dai tempi di Da Alceo, e ha rimesso la città nelle mappe gastronomiche di una delle regioni più vivaci d’Italia, quelle Marche che vivono, poche decine di chilometri più a Sud, del dualismo tutto senigalliese tra i geni Moreno Cedroni e Mauro Uliassi; pochi chilometri a Nord, a Gabicce Monte, dell’ascesa prepotente di Daniele di Fabio; e, all’interno, a Loreto, del talento per la brace di Errico Recanati. Ora a questo dream team marchigiano va aggiunto certamente anche Ciotti, con la sua voglia di divertirsi e divertire.
Nostrono è da un certo punto di vista un classico ristorante di mare, nel cuore della parte più turistico della città, il mar Adriatico davanti, nel giorno della mia visita grigio e ostile. L’interno però è luminoso ed elegante, vagamente modernista, tavoli in marmo rosa senza tovaglia, sedute di design, ampie vetrate. Ciotti propone in un menu dal prezzo di 120 euro una sua idea di Una Giornata al Mare, giocando in ogni piatto con l’immaginario balneare, tra gli anni Settanta e oggi. Si parta con il Pomodoro gratin del XXI secolo, un contorno classico estivo rivisitato con pane croccante ricoperto di olio ghiacciato di aglio orsino. Poi ecco un Cucciolone farcito con crema di foie gras affumicato e un gelato di passito di Verdicchio con delle gocce di balsamico tradizionale e uno Spritz di mare realizzato con un bitter di mare che Ciotti ha creato con Oscar Quagliarini, con tanto di ombrellino commestibile di chips di patate con yuzu e aperol. Il bastoncino però no.
Arrivano i lievitati: una pagnotta calda con patata, accompagnata dal burro-pizza con latte di bufala marchigiana, punta di pomodoro trapanese e olio Conventino.
La caratteristica di Ciotti è di alternare, nel pairing, i tradizionali calici di vino a estratti vegetali che servono ad alleggerire il pasto, a fornire nuovi spunti di abbinamento e soprattutto a tenere sveglio il palato. Il primo, nel mio caso, è un bicchiere affumicato con santolina, estratto di rabarbaro e capperi.
Ecco l’Ostrica di primavera, una Gillardeau condita con sugo di ostriche, aglio, olio e peperoncino e un po’ di miso, accomodata su un sorbetto di shiso, basilico e mela verde, fragole e scalogno sottaceto piccante. Quindi un piatto sensazionale: una riproposizione della baggiana, un piatto primaverile marchigiano a base di fave, cotto al tegame, qui trasfigurato in un sautè di piselli con acetosa e sopra una evoluzione sorprendente dello squacquerone messo a maturare per una ventina di giorni in un vaso con koji di riso. Guarnito da chiodi di garofano, questo piatto viene proposto con una piada.
Entro nel vivo. Gioco mare e monti con l’Agnello tonnato, in cui l’ovino è fatto stagionare sotto sale e sottovuoto nel frigo per 20 giorni prendendo una consistenza quasi da salume, una sapidità rotonda alla quale il tonno – umilmente retrocesso a ruolo di condimento – dona freschezza. Sopra c’è del burro alla senape e un po’ di patè di raguse di mare. Intermezzo con un estratto di mela verde e salvia ed ecco i Bottoni di triglia e foie gras con sopra i paccasassi, erba spontanea tipica del Conero che quando la scopri poi non puoi più farne a meno, e un brodo di triglia. Bùm. Altro bùm con i Maccheroncini di Campofilone in potacchio con cedro e alghe, piatto di commovente bontà. Infine, dopo un estratto di topinambur arrosto, ribes nero e alloro, un magnifico Petto di colombaccio marinato nel koji servito con bernese al whisky, fichi verdi canditi e cime di rapa e uno Spiedino di pelle di faraona cotto al barbecue.
La parte salata della cena è terminata. A preparare il palato alla chiusura dolce provvede un Pisco sour tropicale rivisitato a base pisco e angostura con granita di mango e ananas e sorbetto di pompelmo. Quindi mi arriva un Croccantino, sorta di gelato dell’estate visto con occhi marchigiani, con yogurt di pecora, arachidi salate e caramellate, un pralinato e le amarene di Candiano. Il tutto accompagnato da un tè al karkadè. Per finire arriva accanto al tavolo uno scenografico teatrino dietro il cui sipario ci sono piccoli pezzi di pasticceria ispirate al genio musicale del luogo, Gioacchino Rossini.
La carta dei vini, curata dal competente e suadente Ion Chelici, è di ottima fattura. Ion è bravo, si reinventa anche come raccontatore di succhi ed estratti senza perdere un grammo di credibilità. E’ lui che fa girare una sala giovane e attenta.
Oltre al menu Una Giornata al Mare ci sono altri due percorsi più brevi (I Classici Sei a 100 euro, I Classici Quattro a 75) e una carta da cui scegliere anche altri piatti, con gli antipasti tra i 25 e i 30 euro,
i primi tra 30 e 32 e i secondi tra 35 e 40. I dolci vanno da 10 a 18 euro.Nostrano è in piazzale della Libertà 7 a Pesaro. Tel. 0721639813. Mail: info@nostranoristorante.it. Aperto a pranzo e a cena, chiuso il martedì e il mercoledì
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.