Università, un investimento per la vita: quanto può costare una laurea?

L’università italiana si contraddistingue, se paragonata alle sue controparti in numerosi Paesi sviluppati e ai vertici dell’economia mondiale, per un elevato grado di accessibilità e per una sostanziale democraticità. I costi per l’accesso, la presenza di agevolazioni legate ad Isee e merito e l’elevata offerta di atenei pubblici conccorrono a costruire un sistema che consente al Paese di sostenere un’elevata popolazione universitaria, pari a oltre un milione e mezzo di studenti, di cui circa 600.000 fuorisede. Ciò detto, è necessario sottolineare come la scelta di iscrivere un figlio all’università rappresenti, in ogni caso, uno sforzo non indifferente per una famiglia. Un vero e proprio investimento di lungo termine, da pianificare e portare avanti nella consapevolezza che il ritorno potrebbe essere, per lo studente, l’accesso a un grado superiore di mobilità sociale. Moneyfarm ha stimato il costo di un ciclo universitario triennale in alcuni tra i principali atenei italiani: il Politecnico e la Bocconi di Milano, le università di Bologna, Pisa, Roma Sapienza, Napoli Federico II. Questo con l’obiettivo dichiarato di “includere atenei di tutte le dimensioni, che fossero rappresentativi di città grandi, medie, piccole, delle aree del Paese dove si concentrano la maggior parte degli studenti, di realtà d’eccellenza pubbliche o private”, considerando non solo i “costi vivi” legati alle rette universitarie, ma anche vitto e alloggio. Il risultato della ricerca segnala come, considerando anche i diversi scaglione Isee, la prima componente sia importante ma non esaustiva dei costi legati all’investimento universitario. Mediamente, il costo annuo di una laurea triennale per uno studente fuorisede in un'università pubblica oscilla tra poco più di 10.000 e circa 15.000 euro l'anno. Un triennio di università pubblica da fuorisede, in altre parole, assorbe per ogni studente da 34mila a 45mila euro. Al confronto, la Bocconi arriva per un ciclo triennale a costare da 53mila a 71mila euro annui.

Uno studente pendolare, in questo contesto, aggiungerebbe ai prezzi della rata annua universitaria un costo di circa 1.000 euro l’anno, voce di spesa sicuramente minore al vitto e alloggio degli studenti fuorisede ma che è compensata da un notevole costo-opportunità e dall’erosione quotidiana di una significativa quantità di tempo per ragioni di trasporto. Dal canto suo, Federconsumatori ha aggiunto ulteriori voci di spesa che non possono essere considerate indifferenti nel computo finale. Una è quella del trasporto pubblico interno alle città per gli studenti fuorisede (per un abbonamento di 10 mesi si va dai 148 euro di Palermo ai 250 euro di Roma e ai 255 euro di Genova. A tale proposito è comunque necessario precisare che alcune città applicano riduzioni e agevolazioni per gli studenti mentre altri comuni non prevedono questa possibilità), a cui bisogna aggiungere quella del rientro periodico a casa (400 euro in media su un arco di 10 mesi) e, soprattutto, quella del materiale didattico per cui, secondo Federconsumatori, “non sono state riscontrate differenze nelle macroaree geografiche del Paese” e che continua a mantenersi elevata, con una stima prudente che aggiunge non meno di 700 euro all’anno contando di spalmare investimenti a lungo termine, come quello per un Pc, sull’intero arco del ciclo di studi. Non è dunque azzardato ritenere che una laurea triennale, anche in università pubbliche, possa arrivare ad assorbire oltre 50.000 euro per studente. Certamente, una corretta pianificazione e degli investimenti mirati al lungo termine possono aiutare a gestire una voce di spesa tanto rilevante, ma complice la difficile complementarietà tra università e mondo del lavoro e problematiche occupazionali è importante ricordare come anche i ritorni di questo investimento si paleseranno, in diversi casi, nel lungo periodo Come ha scritto Milena Gabanelli sulla sezione Dataroom del Corriere della Sera, in Italia lo stipendio medio di partenza di un laureato non supera di molto quello di un diplomato. In questo contesto, subentra la problematica della scarsa spesa media che il sistema Paese dedica all’ambito universitario. Nonostante un terreno socio-economico favorevole alla “democrazia” universitaria, l’Italia spende per ogni studente poco più di 9.000 euro annui, a fronte di una media Ocse superiore ai 13.000. In ogni caso, le prospettive di carriera e avanzamento professionale garantite a un laureato e la maggiore stabilità dei posti di lavoro sono un'ulteriore testimonianza della convenienza dell'università La soluzione, in questo contesto, non può che arrivare da una più corretta pianificazione strategica degli investimenti in università. Capace di garantire una crescente copertura alle borse di studio per reddito e merito, di ottimizzare la capacità degli atenei di garantire una formazione a tutto tondo e di creare sinergie tra il mondo accademico e quelli ad essi collaterali per garantire l’accessibilità degli atenei nelle grandi città (dal settore dell’edilizia a quello dei trasporti) e, soprattutto, di aprire canali di comunicazione diretta tra università e mondo del lavoro. Senza che uno si ritrovi in una condizione ancillare all’altro, ma nella consapevolezza che proprio nella capacità di un sistema economico di offrire prospettive di carriera, mobilità sociale e retribuzione adeguata ai suoi laureati si misura l’efficienza di un sistema universitario. E la sua capacità di valorizzare quello che per le famiglie è un investimento a dir poco considerevole. Considerato, in ultima istanza, anche il ruolo dell'inflazione, un investimento nell'educazione universitaria dei figli, valutato in un'ottica di lungo periodo (15-20 anni) garantisce un ritorno stimato del 5% annuo. Questo rende plausibile, per un nucleo famigliare, l'idea di affidare le spese per l'educazione universitaria a un sistema paragonabile in tutto e per tutto a un investimento produttivo di diversa natura.

Si può ad esempio ipotizzare di accantonare una cifra di poche migliaia di euro, da implementare con un contributo continuativo mensile minimo, dopo aver opportunamente ricevuto i consigli di un analista o consulente indipendente. In questo contesto giocare d'anticipo e pianificare le mosse sin dall'inizio può rappresentare la chiave di volta per una strategia d'investimento vincente.

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