Andare a stuzzicare l'orso nella tana non è mai buona cosa. Soprattutto se, invece di Yoghi, ti trovi di fronte un grizzly come Donald Trump. Eppure, non ancora insediata al vertice della Bce, dove prenderà servizio il prossimo primo novembre, Christine Lagarde carica il fucile a pallettoni e mira al bersaglio grosso. Del tycoon non apprezza nulla, a partire dallo stile di comunicazione fondato su tweet usati spesso per randellare. «La stabilità dei mercati - ammonisce l'ex capo del Fondo monetario internazionale in un'intervista concessa a Cbs News - non dovrebbe essere oggetto di un tweet qui o di un tweet là. Richiede decisioni ponderate, riflessive, silenziose, misurate e razionali». Insomma, esattamente il contrario rispetto all'esuberanza e all'impulsività dell'inquilino della Casa Bianca.
Un carattere sanguigno messo in mostra durante i mesi di guerra a colpi di dazi con la Cina, una jattura che causerà «una grande sforbiciata» all'economia globale pari a «quasi un punto percentuale di crescita. Il che significa meno investimenti, meno posti di lavoro, più disoccupazione». I muri alzati non portano nulla di buono, al punto che la Lagarde spara il vaticinio: «Secondo me gli Stati Uniti rischiano di perdere la loro leadership mondiale. E questo sarebbe terribile». Le stime rilasciate ieri dall'Fmi sulla Cina, prevista crescere di appena il 4,2% nel quarto trimestre, annunciano intanto altri guai in vista anche per Eurolandia, la cui frenata economica nell'eurozona sarà infatti uno dei primi problemi che il successore di Mario Draghi dovrà affrontare una volta preso posto all'Eurotower. Anche se la Bundesbank ha annunciato ieri che la Germania potrebbe essere entrata in recessione nel terzo trimestre dopo la contrazione dello 0,1% accusata fra aprile e giugno, il varo delle ultime misure di stimolo alla crescita (nuova tornata di Qe e taglio dei tassi) è risultato indigesto ai falchi della banca centrale capeggiati proprio dalla Buba. E dal versante degli scontenti la pressione sulla Lagarde sta montando come un'onda. Le occorreranno spalle grosse. Soprattutto se Trump, che finora non ha replicato alle accuse, si vendicherà sull'Europa imponendo altre tariffe punitive - per esempio sulle auto - dopo quelle da 7,5 miliardi di dollari appena introdotte anche su una buona fetta del made in Italy. Nel colloquio con Cbs News, la prossima presidente della Bce ha toccato infatti altri punti molto delicati. Il primo riguarda il trattamento riservato da The Donald al numero uno della Fed, Jerome Powell, giudicato «un pazzo», «il nemico numero uno», «un testone» per non aver sollecitamente abbassato i tassi.
Per la Lagarde, un governatore di una banca centrale fa meglio il suo lavoro se «è indipendente»; e Trump farebbe meglio a non tenere il fiato sul collo di Eccles Building dal momento che «quando il tasso di disoccupazione è al 3,7% non si deve accelerare troppo sui tassi di interesse, abbassandoli. Perché si corre il rischio che i prezzi inizino a salire. Occorre stare molto attenti. Sai, è come navigare su un aereo..». Bisogna stare molto attenti, appunto. Anche con le parole.
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