"Manager e consulenti: è una superlega bancaria di stipendi milionari"

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"Manager e consulenti: è una superlega bancaria di stipendi milionari"

La nostra posizione su smart working e digitale è molto semplice e chiara. Come segreterie nazionali dei sindacati, abbiamo firmato un accordo con l'Abi, garantendo, fino al termine della pandemia, un ampio utilizzo dello smart working, andando momentaneamente in deroga alle previsioni del contratto nazionale che ne valorizza la volontarietà e i criteri di utilizzo. Ciò premesso questo, vogliamo inquadrare l'utilizzo dello smart working, a bocce ferme, a situazione pandemica terminata, per due motivi: il primo è perché intendiamo dare l'opportunità a tutti quei lavoratori che desidereranno continuare il proprio lavoro in smart working di poterlo volontariamente e liberamente fare; il secondo perché vogliamo garantire l'opportunità a quelli che desidereranno ritornare in servizio o in ufficio di poterlo liberamente fare.

Quali sono, invece, gli obiettivi delle banche? Lo smart working sarà utilizzato per abbattere i costi delle banche, per risparmiare il più possibile (buoni pasto, trasferte, diarie) e per distruggere i profili di carriere dei lavoratori bancari. Ne consegue che è necessaria una maggiore regolamentazione, proprio per evitare gli abusi, quando la situazione tornerà alla normalità.

L'introduzione del digitale nelle banche in forme molto invasive comprometterà non solo il rapporto con la clientela, ma farà completamente snaturare, ancora di più di quanto non lo sia oggi, lo stesso ruolo delle banche allontanandole drammaticamente da quel ruolo sociale che dovrebbero invece mantenere per assistere le economie dei territori, le famiglie e le imprese. Gli amministratori delegati diventeranno ostaggio delle società di consulenza che non solo faranno affari a peso d'oro, ma diventeranno, in qualche misura, le vere proprietarie delle banche, dettando tempi, modelli e percorsi. Non credo che esista un solo amministratore delegato che abbia personalmente le conoscenze professionali per gestire, verificare e controllare gli obiettivi e i progetti delle società di consulenza specializzate nel digitale. Non credo che esista nel settore bancario un solo dirigente, oltre agli amministratori delegati, che abbia la professionalità, l'autonomia e le competenze per contrastare l'invasività e le politiche di queste società di consulenza.

Dovranno, per forza o per amore, adeguarsi tutti alle decisioni, agli indirizzi e alle volontà delle società di consulenza. Smart working e digitale sono e saranno sempre di più gli strumenti per abbattere i costi del lavoro a vantaggio esclusivamente dei consulenti e delle porte girevoli che da sempre hanno contraddistinto i rapporti fra banche e le stesse società di consulenza: scambi di favori, ricchissimi incarichi professionali e assunzioni. Si creerà, insomma, una superlega delle società di consulenza che giocheranno un campionato a parte caratterizzato esclusivamente da guadagni milionari, a scapito dei posti di lavoro e delle professionalità interne alle banche. Smart working e digitale saranno anche gli strumenti per alimentare e regolare quei conflitti, già scoppiati, all'interno dei gruppi bancari, fra chi preferisce il rapporto umano clientela-bancario, anche per raggiungere importanti risultati commerciali, e fra chi, invece, vuole mettersi in luce con i propri amministratori delegati, promettendo guadagni e risparmi d'oro per le banche e conseguentemente dividendi importanti per gli azionisti.

In questa situazione, i vertici delle banche punteranno a far ripartire le aggregazioni, cercando di sfruttare e utilizzare per i propri obiettivi tutto e tutti, comprendendovi sindacato, istituzioni politiche nazionali e locali, associazioni.

La pesante crisi economica che dovremo affrontare come risultato della pandemia accentuerà, facendole esplodere, le tensioni sociali, perché tutte le categorie, più o meno, sono scese in piazza e scenderanno in piazza a protestare ancora di più. In questo scenario, in assenza di una ripresa economica immediata, gli stipendi di alcuni manager sono inopportuni e anacronistici. Ma ancora più inaccettabile è il comportamento delle istituzioni politiche che non una parola né tantomeno una iniziativa hanno preso, almeno fino a oggi, rispetto a questo tema che allontana ancora di più i cittadini dalle banche e che avvicina sempre di più una nuova ricchezza in mano a pochissime persone. L'argomento diventa poi socialmente rilevante nel momento in cui certi personaggi si rivolgono ai dipendenti degli istituti di credito e agli addetti ai lavori spacciandosi come dei moderni Mosè, promettendo di tutto e di più in un film già visto decine e decine di volte negli ultimi 20 anni, ma, a differenza di Mosè, le loro promesse sono eccessivamente pagate. E l'argomento diventa ancora più rilevante considerando che tutto il settore bancario, direttamente o indirettamente, ha ricevuto nel passato e nel presente importantissimi finanziamenti dallo Stato e dai governi e/o agevolazioni e/o leggi create ad hoc per il settore. E, di fronte a queste situazioni, gli stipendi di certi manager non possono passare esclusivamente come un atto interno di un'azienda privata perché quando una banca riceve un finanziamento o un'agevolazione dallo Stato è obbligata, anche moralmente, a comportarsi di conseguenza. Il periodo che stiamo vivendo rappresenta uno dei momenti più tristi e più negativi della storia del settore bancario, scandali e crac bancari compresi, perché si dipinge la realtà per come non è e si dipinge il prossimo futuro per come sarà, ma facendo ricadere tutto sulle spalle delle lavoratrici e dei lavoratori bancari e della stessa clientela, anche in termini economici.

Alcuni amministratori delegati non sanno come realmente stanno le cose nelle loro banche, come girano le situazioni al loro interno: un po' perché non lo vogliono sapere, un po' per snobberia, un po' perché chi dovrebbe informarli non ha il coraggio di raccontare le situazioni come realmente sono.

Il tema delle pressioni commerciali, per noi che rappresentiamo i lavoratori, è centrale. Sarebbe stato sufficiente disinnescare e affrontare il problema, sin dalla sua nascita, nei territori, per difendere e garantire la salute fisica e psicologica dei lavoratori bancari e la sicurezza della stessa clientela, ma per riuscire in questo obiettivo sarebbe stato fondamentale avere una classe dirigente che, troppo spesso, è venuta meno per inadeguatezza professionale e per pigrizia culturale. Anzi, in alcuni casi in Abi i sindacati nazionali hanno concluso accordi per affrontare e risolvere il problema delle pressioni commerciali, ma in alcuni gruppi bancari l'argomento non solo è stato sterilizzato, ma si sono create le condizioni per non affrontarlo e per lasciarlo irrisolto.

Ci sono banchieri e banchieri: alcuni molto attenti, concretamente, verso il sociale; altri lo sono solo virtualmente. Ci sono gruppi bancari e gruppi bancari: alcuni sono talmente ossessionati dal raggiungimento dei risultati commerciali che hanno trasformato una banca in un villaggio Valtur dove il lavoratore bancario, oltre ai risultati, deve trasformarsi in cantante, intonando e imparando una canzone che verrà poi ripetuta a ogni collega; in queste realtà, la comunicazione interna è costruita su video amatoriali e, oltre che a far perdere tempo a tutti, serve esclusivamente per enfatizzare il dirigente di turno che tenta di scimmiottare il proprio amministratore delegato. Ci sono, invece, altri gruppi bancari, che invece rispettano i lavoratori, la clientela, le economie dei territori. Ci sono dei dirigenti di banca che guadagnano premi di 300-400mila euro annui al raggiungimento degli obiettivi commerciali che si indignano quando i direttori di agenzia escono in orario alle ore 17.00: sono gli stessi che hanno trasformato un posto di lavoro in un film di Stanlio e Ollio.

Smart working e digitale saranno quindi gli strumenti per una rivoluzione del settore con l'obiettivo di erogare sempre meno affidamenti, di vendere sempre di più prodotti finanziari e assicurativi alla clientela, ma soprattutto con l'obiettivo di mantenere una posizione di privilegio politico rispetto alla classe politica, quella tradizionale, che sta a guardare senza avere la minima intenzione e volontà di intervenire. È legittimo che ogni banca si ponga come obiettivo il raggiungimento di alcuni traguardi commerciali, ma diventa fondamentale il rispetto della clientela e il rispetto delle persone che lavorano nelle banche.

La Banca centrale europea, comunque, interverrà nei prossimi giorni e nei prossimi mesi senza guardare in faccia nessuno perché a sua volta vorrà mantenere rispetto agli stessi partiti politici europei quella supremazia e quella autonomia che ha fatto nascere, anche in Europa, due dimensioni che non si incontreranno mai, almeno nei prossimi anni: l'Europa economico-finanziaria e l'Europa politica. Il problema degli ultimi anni del nostro Paese e, purtroppo, anche del settore bancario, è che siamo carenti, tranne qualche rara eccezione, con la classe dirigente che, a ogni livello, è sempre stata abituata a inseguire e non a progettare.

Noi abbiamo fatto diverse proposte, ma abbiamo tre grossi problemi: il primo, non siamo avidi di denaro; il secondo, agiamo esclusivamente per tutelare la categoria e la stessa clientela; il terzo, non abbiamo la velleità e il narcisismo di voler, a tutti i costi, lasciare un personale segno nella storia del nostro tempo. Si sa che spesso i soldi e il potere danno alla testa, perché denaro e potere danno l'illusione di essere invincibili. Ma rimane pur sempre un'illusione.

Il ruolo dei responsabili delle relazioni sindacali e del personale delle banche diventa quindi determinante perché sono e saranno forse gli unici - se ne avranno la capacità, la voglia e la professionalità - a riportare coi piedi per terra i diretti superiori.

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