Che l'azienda Italia denunci deficit preoccupanti nel fare sistema è così normale come le fulminanti freddure yiddish di Woody Allen. Queste fanno ridere e pensare, mentre quelle danno solo pensieri. Cattivi! Torno sul turismo, il nostro petrolio. Tra i casi più eclatanti di deficit strutturale vi è la annosa e dannosa vicenda Alitalia. Può un Paese occupare la leadership in materia di turismo in assenza di una compagnia di bandiera forte? Difficile, molto difficile. Anziché volano di sviluppo e eccellenza, Alitalia è stato uno dei peggiori esempi di mala gestione con il concorso di colpa dello Stato: costi enormi per noi tutti e disservizi. È da tempo in vendita, smacco per un Paese come il nostro, non lo meritiamo.
La questione è che non vi sono soggetti disposti all'acquisto dell'intera Alitalia. In verità, qualcuno se la potrebbe comperare ma a fronte di un'importante dote dello Stato. Ma ci sono i sindacati e anche i dipendenti che non hanno accettato alcuna soluzione, vedi il referendum. Il nome Alitalia attira, il contenuto nel complesso molto meno. E chi ventila l'ipotesi di un'Alitalia low cost non conosce o fa finta di non conoscere come stanno le cose. Chi opera su quei mercati dimostra competenza, grande tecnologia, velocità di reazione. Per diventare un competitor credibile occorrerebbero molti e molti anni e francamente non c'è più tempo. Ne abbiamo perso a sufficienza con grandi sacrifici dei contribuenti. Di tutti noi.
Il silenzio dei commissari è assordante: urgono report mensili.
Si lasci fallire la vecchia Alitalia e si avvii un nuovo appetibile vettore individuando sul mercato partner privati di alto profilo. Italiani o no, poco importa. La cosa fondamentale è che la nuova Alitalia svolga un ruolo di propulsione del turismo soprattutto «income». Si inverta la rotta per trovare quella giusta.www.pompeolocatelli.it
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