Ronald Reagan entrò in carica come presidente degli Stati Uniti nel gennaio 1981. Ma la Reaganomics è già tutta contenuta in un discorso che pronunciò il 27 ottobre 1964 a sostegno del candidato repubblicano Goldwater. Un vero programma di stampo liberista, quello. Il titolo: A time for Choosing (Il momento di scegliere).
Un passaggio risuona ancora adesso come un lampo di luce: «Al di là delle proprie legittime funzioni non c'è nulla che lo Stato faccia meglio e in modo più economico della libera iniziativa imprenditoriale privata». Associo quel suo pensiero così corrosivo a una bella notizia di questi giorni. Riguarda l'attrattività dell'Italia verso gli investimenti esteri. Si colloca al nono posto di questa classifica (Fonte: Aibe, l'Associazione dei banchieri esteri) tra i Paesi del G20. Soggetti internazionali scelgono il nostro Paese per collocare i propri capitali a sostegno delle imprese italiane più innovative, soprattutto start up. Il venture capital esprime bene il significato di mercato libero. Di libero incontro tra realtà private laddove chi investe in venture capital oltre ai finanziamenti offre alle aziende l'accesso a reti e competenze. Il fatto che realtà internazionali investano sull'imprenditoria italiana, pur in un quadro complessivo di oggettiva difficoltà, indica un percorso molto interessante di relazione, nel segno di innovazione e sviluppo.
Non dimentichiamo che, ad esempio, per l'economista Federico Caffè, sviluppo significa liberazione dai viluppi, cioè dai lacci fisici e culturali che incatenano l'uomo alla sua condizione.
Lacci fisici e culturali da cui metteva in guardia Reagan. Liberismo versus statalismo. Lo strumento dei venture capital è quel suono intonato che impreziosisce il lavoro dell'orchestra: sinfonia di mercato libero.www.pompeolocatelli.it
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