Le persone condannate con sentenza passata in giudicato per i reati di terrorismo e mafia, se non sono in carcere ma ai domiciliari o ai servizi sociali, hanno diritto, facendo la domanda all'Inps, a riottenere la Naspi, la pensione sociale o quella di disabilità con gli arretrati dalla data della revoca della prestazione, per i periodi nei quali il titolare non scontava la pena in una casa circondariale. Lo fa sapere l’Istituto nazionale di previdenza sociale in base alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l’articolo della legge numero 92 del 28 giugno 2012, il quale prevedeva la revoca delle prestazioni a fronte di condanne per mafia e terrorismo.
Il pronunciamento della Corte Costituzionale è chiaro. “La revoca dei trattamenti assistenziali di cui alla disposizione oggetto di censura […] – si legge nella sentenza –può concretamente comportare il rischio che il condannato ammesso a scontare la pena in regime di detenzione domiciliare o in altro regime alternativo alla detenzione in carcere, poiché non a carico dell’istituto carcerario, non disponga di sufficienti mezzi per la propria sussistenza”. In altre parole, potrebbe venire meno, senza un sostegno economico, il diritto all’assistenza, che va sempre garantito, anche al peggiore criminale.
A tal proposito, proprio in conseguenza della decisione dei giudici, l’Inps, con la circolare numero 1197 del 16 marzo 2022, ha specificato che non revocherà più la Naspi e gli altri provvedimenti assistenziali ai condannati per terrorismo e per mafia se questi ultimi stanno scontando la pena a casa o nei servizi sociali. In più, l’Istituto nazionale di previdenza sociale ha indicato anche le procedure da seguire per poter accedere alle prestazioni assistenziali.
Per fare ciò è evidente che il condannato deve essere in possesso del documento della competente autorità giudiziaria da cui risulti il giorno a partire dal quale è stata disposta l’esecuzione della pena diversa dalla detenzione in carcere.
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