Le pensioni sono in pericolo? A questa domanda dobbiamo rispondere in modo affermativo. E il motivo al momento non è sotto gli occhi di tutti. Per spiegarlo dobbiamo partire da qualcosa che è accaduto nelle ultime due settimane: la sentenza della Consulta che ha riconosciuto come legittimo il contributo di solidarietà sugli assegni alti per 3 anni e ha considerato corretto il blocco delle rivalutazioni per i trattamenti previdenziali che superano i 100mila euro l'anno. In tanti hanno sottovalutato il peso di questo verdetto che legalizza uno scippo di Stato per questioni di cassa. Buona parte del mondo dei pensionati lo ritiene un verdetto lontano dalle proprie tasche che riguarda soltanto chi incassa un assegno pesante.
Eppure dietro questa sentenza si nasconde una verità inquietante: è passato il principio per cui si possono tagliare gli assegni andando a ledere diritti acquisiti anche in passato.
Perché le pensioni sono in pericolo
Ma non fermiamoci qui. In questa storia che mette a rischio tutti gli assegni previdenziali (e ora vedremo come) va sottolineato lo scenario che ci attende con una massiccia riforma previdenziale che andrà ad eliminare Quota 100. Di fatto il governo giallorosso sta studiando un nuovo sistema per garantire l'uscita anticipata e in questo senso però si fa sempre più strada l'idea (anche su spinta dell'Inps) di un calcolo totalmente contributivo dell'assegno. Il tutto abbandonando integralmente il sistema retributivo che riguarda ancora tanti pensionandi che potrebbero lasciare il mondo del lavoro nei prossimi mesi o anni. Ed è qui che si nasconde la trappola che lega il futuro degli assegni con la sentenza della Consulta. Infatti da qualche mese si parla nelle stanze del governo di una riforma contributiva per sistemare le casse. E qui occorre fare una riflessione importante: la legge Fornero prevede il sistema contributivo per tutti coloro che avevano 18 anni di contributi al 1995 a partire dal pagamento delle pensioni dal 2012. Ma il rischio concreto è che questo tipo di meccanismo possa essere allargato anche agli assegni già liquidati. Come? Applicando lo stesso teorema che ha messo sul campo la sentenza della Consulta con gli assegni alti.
Il tutto prevedendo una quota destinata a un contributo di solidarietà che però a questo giro potrebbe colpire assegni e trattamenti previdenziali ben sotto i 100.000 euro su base annua. Il rischio è concreto: un'esigenza di cassa dello Stato può mettere in moto un meccanismo di tagli che va a ledere i diritti acquisiti come nel caso dei pensionati d'oro.
La mossa decisiva per evitare il peggio
Se a questo si aggiunge l'allarme lanciato da Bankitalia nei giorni scorsi sugli assegni del futuro e sulle capacità di spesa sul fronte previdenziale, il quadro di un sistema previdenziale in pericolo è piuttosto chiaro. I continui richiami degli ultimi giorni all'uso della previdenza integrativa vanno letti anche in questa direzione: mettere da parte una quota consistente durante la carriera lavorativa da affiancare a quella poi materialmente erogata dalla cassa previdenziale. E questa mossa potrebbe essere decisiva per evitare amare sorprese sugli assegni.
Al momento in Italia la pensione integrativa è decollata soltanto a metà nonostante una cospicua percentuale da portare in detrazione. Ma le sirene di un futuro nero sul sistema previdenziale potrebbero accelerare un passo in questa direzione da parte di tanti lavoratori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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