Popolari, si rafforza la fronda anti-riforma

Pressing bipartisan per ammorbidire l'impianto Fassina: «Spa d'obbligo solo oltre i 30 miliardi di attivi»

RomaScade oggi alle 14 il termine ultimo per presentare emendamenti per modificare il decreto che riforma le banche popolari. Il voto dell'aula di Montecitorio ci sarà - pronostica Daniele Capezzone, presidente della commissione Finanze della Camera - entro il 13 marzo prossimo.

E a quel che sembra, quel voto creerà più di un mal di pancia. Non tanto nell'opposizione, quanto nella maggioranza. Francesco Boccia, «vicino» di corridoio di Capezzone in quanto presidente della commissione Bilancio, commenta amaro: «Pietro Grasso quel decreto non doveva firmarlo. Mancavano e mancano i requisiti di “necessità e urgenza”», previsti dalla Costituzione.

Vale la pena di ricordare che il decreto che innesca una profonda riforma delle banche popolari (le trasforma in Spa) è stato firmato dal presidente del Senato, in quanto supplente del Capo dello Stato dopo le dimissioni di Napolitano e prima dell'elezione di Mattarella.

All'amarezza di Boccia si somma la determinazione di Stefano Fassina, altro esponente dell'opposizione interna del Pd e - come Boccia - schierato contro Matteo Renzi. «Va sostituito - dice l'ex sottosegretario all'Economia - il limite assurdo degli 8 miliardi, con il tetto della Bce per le banche di interesse sistemico, 30 miliardi». Come a dire, rendere nulla la riforma.

E lo stesso Fassina sottolinea che simili emendamenti sono stati definiti in una riunione del gruppo Pd. «Si tratta, cioè, di valutazioni condivise, trasversali e non ascrivibili alla minoranza» del partito. E lo stesso relatore di maggioranza sul decreto, Marco Causi (Pd), conferma che molti emendamenti si concentreranno proprio per modificare la soglia degli 8 miliardi. Sostituendolo - commenta - con la formula indicata dall'Antitrust. Cioè, sostituire la soglia degli 8 miliardi con criteri qualitativi costitutivo dalla quotazione di Borsa, oppure l'appartenenza ad un gruppo bancario all'interno del quale vi sono società in forma di società per azioni.

L'ostilità di buona parte del Pd (come dice Fassina) al decreto rischia di fondersi con quella delle diverse anime di Forza Italia e della Lega. Contro il provvedimento, infatti, ci sono anche gli uomini di Raffaele Fitto, da sempre attenti al territorio ed alle banche di riferimento. Come Rocco Palese. «Il governo - commenta - non deve penalizzare il sistema delle banche popolari. È un azzardo».

Al localismo meridionale (Puglia) si salda quello settentrionale. Matteo Salvini annuncia le «barricate » della Lega a Montecitorio pur di bloccare il decreto. E sentenzia: Matteo Renzi è pericoloso.

Contro il decreto anche il sindacato. Anna Maria Furlan, segretario generale della Cisl, giudica il decreto «un grave errore del governo.

Si rischia di cancellare - prosegue - l'unica forma di partecipazione oggi presente nel sistema finanziario. In più, Popolari e banche di credito cooperativo in questi anni di crisi hanno distribuito il 70% delle risorse complessive a famiglie ed imprese».

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