L’Italia è un Paese autolesionista. A mettere in cattiva luce in modo artificioso la nostra situazione economica, non ci bastano Moody’s e Standard & Poor’s ,ci si mette anche l’Istat con il suo indice di povertà assoluta e relativa, che presenta parecchi lati discutibili.
L’Istat dice che in Italia la povertà relativa nel 2011 riguarda l’11%dellefamiglie, oltre8milionidiresidenti e che la povertà assoluta è del 5,2% e riguarda 3,5 milioni di residenti. L’Istat considera povertà relativa quella di famiglie con livello sensibilmente inferiore al reddito medio. E ne desume che una famiglia di 2 persone con una spesa media mensile di 1.011 euro è povera. Mille euro perdue persone non sono indice di povertà, ma di scarso benessere. Ma neanche questo è vero se si considera che non tutto il reddito di cui la gente vive è monetario, ci sono molti auto consumi in molte parti di Italia, specie nei piccoli centri. C’è un altro aspetto, per cui questa statisticaèingannevole. Essariguarda i residenti in Italia. Ora gli stranieri residenti da noi sono 3,5 milioni. Ci sono 900mila rumeni, 480mila albanesi, 450milamarocchini, 200milacinesiealtrettantiucraini, 120mila indiani, 100mila tunisini e quasi altrettanti peruviani.
L’Istat non dice quante delle famiglie relativamente povere residenti in Italia siano di immigrati: che in Italia vivono molto meglio che nel loro stato di origine. Per loro, la cosiddetta «povertà relativa» non andrebbe valutata rispetto al livello medio italiano, ma a quello del loro stato di origine. Inoltre se si va a vedere la tabella per esteso dell’Istat e non il comunicato ufficiale, si scopre che, nonostante la crisi, la povertà relativa in Italia, nel 2011 rispetto al 2008, è diminuita dall’11,3% all’ 11,1. Ma vediamo come stanno le cose per la povertà assoluta. Che è stimatasullabasedellacifrapresunta di denaro che occorre per non essere poveri non relativamente agli altri, ma in relazione al fatto di non essere in grado di condurre una vita dignitosa secondo gli standard italiani.
Anche questa cifra è calcolata sui residenti, non si sa quante famiglie considerate povere in assoluto sono di immigrati. Per essi il tenore di vita dignitoso, nel Paese di origine è più basso. La povertà assoluta in Italia, comunque, sarebbe passata dal 4,6% del 2008 al 5,2% nel 2011. Ma viene considerata povera, nel Nord, nei grandi comuni una famiglia di 2 persone con età fra 18 e 59 anni con meno di 1.081 euro al mese e nei piccoli comuni con meno di 984. Non mi sembra che in un piccolo centro del Nord una famiglia con meno di 984 euro debba essere considerata necessariamente povera: dipende dall’area in cui vive,se è un paese rurale o no e dall’abitazione. Ciò vale a fortiori per il centro Italia, in cui la famiglia di due persone che abita in un piccolo comune per l’Istat è povera se ha meno di 929 euro mensili. Nel Sud la cifra scende a 761. Qui c’è certamente maggior povertà. Ma i dati sono anche più incerti. L’Italia è piena di finti ciechi che hanno la pensione di invalidità, di finti titolari di pensione sociale che hanno un elevato tenore di vita e di persone che lavorano in nero. Comunque se è vero che la povertà assoluta è aumentata a causa della disoccupazione, che senso ha la norma del governo Monti che blocca gli occupati con partita Iva che hanno quasi solo un unico datore di lavoro? In tempo di crisi non si dovrebbero favorire tutti gli espedienti?
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