Scende il debito pubblico nella pancia delle banche. Così rischiano meno

La Fabi: in quattro anni la quota di Btp e Bot è scesa dal 28 al 22% del totale

Scende il debito pubblico nella pancia delle banche. Così rischiano meno
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Negli ultimi quattro anni è mutato l'atteggiamento delle banche italiane rispetto all'acquisto di Btp e Bot e attualmente è orientato a una maggiore prudenza, anche se il settore bancario resta una garanzia per gli acquisti delle obbligazioni emesse dal Tesoro. È quanto emerge da un report della Fabi. Il record è stato toccato ad aprile 2020, in pieno lockdown, quando gli istituti hanno raggiunto, con 687 miliardi, il 27,8% del totale del debito pubblico, mentre in valore assoluto il record è stato raggiunto a giugno 2022 quando in portafoglio c'erano oltre 712 miliardi di titoli. Dall'analisi del sindacato bancario emerge chiaramente che l'esposizione delle banche italiane al debito pubblico è calata significativamente negli ultimi mesi. A marzo 2024, la percentuale del debito pubblico detenuta dalle banche italiane è scesa al 21,9% con 632 miliardi di euro, un valore non dissimile dai 628 miliardi di gennaio 2020 che tuttavia rappresentavano il 25,7% del debito pubblico.

In particolare, l'esposizione ha avuto un andamento altalenante dai 628,5 miliardi di gennaio 2020 si sono sfiorati i 700 miliardi (696,3 miliardi; 27,7%) nel maggio successivo. Successivamente, c'è stato un lieve decremento fino ai 654 miliardi (25,4%) di dicembre 2020 nel dicembre 2020. Il 2021 ha mostrato un andamento altalenante con un picco a febbraio di 681,4 miliardi di euro (25,8%) ridotti a 659,3 miliardi (24,6%) a dicembre. L'anno 2022 ha visto nuovamente un incremento iniziale, con il picco di 712,1 miliardi di euro (25,7%) a giugno ridotto gradualmente fino 688,9 miliardi (25,0%) a dicembre. La tendenza al ribasso è proseguita nel 2023 che si è chiuso con i 650,2 miliardi (22,7%) dello scorso dicembre. E anche n primi mesi del 2024 il debito pubblico in mano alle banche italiane ha continuato a diminuire passando dai 632,3 miliardi (22,2%) di gennaio ai 632,4 miliardi (21,9%) di marzo.

Questo decremento, secondo la Fabi, può essere indicativo di una strategia di riduzione del rischio da parte delle banche, probabilmente in risposta a vari fattori economici, finanziari e politici. Un atteggiamento più prudente che, in ogni caso, non sembra in grado di avere implicazioni rilevanti per la gestione del debito pubblico italiano né effetti sulla stabilità del sistema bancario nazionale. «La minore esposizione delle banche è una condizione che potrebbe comunque metterle al riparo, nelle prossime settimane, da tensioni sui mercati finanziari e, in particolare, dalle conseguenze legate all'andamento dello spread tra Btp e Bund» sottolinea la Fabi. In particolare, ricorda il sindacato, le elezioni europee hanno determinato un aumento dell'instabilità politica in Francia e in Germania che «potrebbe avere ripercussioni finanziarie sul resto d'Europa».

Ne è conseguita una crescente preoccupazione da parte dei mercati finanziari che prima ha riguardato Parigi e poi si è estesa, «con una sorta di effetto contagio sulle altre economie del Vecchio Continente e sulle loro finanze pubbliche».

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