"Serve un altro piano di aiuti o da questa crisi non si esce"

Powell lancia l'allarme della Fed sull'economia Usa. E chiede al Congresso di fare la sua parte sulle tasse

"Serve un altro piano di aiuti o da questa crisi non si esce"

Senza un nuovo piano di aiuti sono possibili effetti negativi sull'economia. Ne serve un altro. Jerome Powell bussa forte alla porta del Congresso Usa, e invita repubblicani e democratici a darsi una mossa. L'impasse è un lusso che l'America non può concedersi, pare dire il capo della Federal Reserve. Soprattutto ora che vanno esaurendosi gli effetti del primo pacchetto di stimoli, il Cares Act, da cui sono arrivate gran parte delle buone notizie economiche che abbiamo avuto. Bisogna insomma spezzare i lacci che imbrigliano il dialogo a causa delle elezioni presidenziali ormai imminenti e trovare un accordo.

Da parte sua, Powell è convinto di aver fatto la propria parte grazie alla fresca rottamazione del target di inflazione e assicurando che prima del 2023 i tassi non saranno toccati. Eppure l'acqua della Fed non basta. Wall Street, ancora incerta ieri (-0,2% a un'ora dalla chiusura) dopo la batosta di lunedì, sembra pensarla proprio così. E il successore di Janet Yellen ne è consapevole. Non a caso, durante l'audizione di ieri ha testualmente detto che il mercato si aspetta un altro pacchetto fiscale nei prossimi mesi.

Ma ciò potrebbe anche non bastare. Alcuni analisti sostengono la sete dei mercati potrà essere soddisfatta solo portando il costo del denaro in negativo e ampliando ancor più il piano di acquisto titoli. E se il sell-off a New York dell'altro ieri può essere letto come un primo avvertimento a Eccles Building, non è da escludere che prima o poi Powell capitolerà.

Ora, se la Fed si dice preoccupata delle ricadute negative sull'economia derivanti da una caduta dei mercati, significa che a Main Street, cioè al Paese, dovrà provvedere la politica. Ed è proprio su questo asse che potrebbe concretarsi quel compromesso necessario a mettere sul tavolo un'altra montagna di dollari. Compromesso reso ora ancora più complicato dopo la scomparsa della giudice della Corte Suprema, Ruth Bader Ginsburg. Nella sostanza, la banca centrale Usa allenterebbe ulteriormente la politica monetaria in cambio degli stimoli fiscali. Di ammontare ben superiore ai 200 miliardi di cui ha parlato il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin. Secondo il quale, Donald Trump è molto a favore di aiuti aggiuntivi alle piccole imprese tramite il programma Paycheck Protection Program (PPP), che «firmerebbe immediatamente». Powell ha del resto spiegato quanto sia per la Fed difficile incanalare prestiti verso le Pmi.

L'istituto di Washington si muove su un terreno scivoloso. Ieri il dollaro è schizzato ai massimi da un mese dopo che un titolo di Bloomberg ha attribuito al presidente della Fed di Chicago, Charles Evans, le seguenti parole: La Fed potrebbe alzare i tassi prima che l'obiettivo di una media d'inflazione del 2% venga raggiunto.

In realtà, una sintesi piuttosto ardita, poiché Evans voleva solo sottolineare come nella banca centrale alcuni componenti ritengano ancora uno spauracchio l'inflazione. Una minoranza a cui peraltro non appartiene lo stesso Evans.

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