Il piano di scissione di Tim (in vista della creazione della società della rete unica) comincia a prendere forma. Anche se non è ancora detto che sia la volta buona.
Dopodomani l'amministratore delegato del gruppo, Pietro Labriola, presenterà il suo piano durante il Capital Martket Day, nel frattempo però l'agenzia Reuters ha riportato alcune indiscrezioni sulla separazione societaria tra l'infrastruttura di rete e il business dei servizi di Tim. Nella nuova società infrastrutturale andrebbero a confluire 21mila dipendenti (la metà dei 42.500 del gruppo) e 10-11 miliardi del debito di Tim, che al 31 marzo 2022 ammontava a 23 miliardi di euro.
I proventi derivanti dall'eventuale accordo con Open Fiber (la società della fibra controllata al 60% da Cdp e al 40% dal fondo infrastrutturale Macquarie) dovrebbero contribuire a ridurre ulteriormente il debito di Tim al di sotto dei 10 miliardi.
Se tutto dovesse andare in porto, nella pancia di NetCo allora ci sarebbe l'infrastruttura di rete dell'ex monopolista, OpenFiber, Sparkle e FiberCop per realizzare l'ormai famigerato attore unico nazionale della rete che vedrebbe l'uscita di scena di Tim, sarebbe controllato da Cdp e partecipato dai fondi Macquarie e Kkr (azionista di minoranza di FiberCop). Almeno, quest'ultimo era l'obiettivo del memorandum of understanding firmato lo scorso maggio da Tim, Open Fiber e Cdp. Il secondo, a dire il vero, dopo quello rimasto lettera morta - e con le stesse finalità - del 31 agosto 2020.
Il vero problema, adesso, è convincere tutti gli attori in causa che devono dare il loro benestare al progetto. L'accordo firmato a maggio dava tempo alle società firmatarie di sottoscrivere accordi vincolanti entro il 31 ottobre 2022.
La prima da convincere è Vivendi, maggiore azionista di Tim con il 23,75%. I francesi hanno fatto sapere che per l'infrastruttura di Tim sarebbe opportuna una valutazione di 31 miliardi di euro, contro i 20 stimati internamente compreso il debito. E anche i fondi Macquarie e Kkr dovranno dire la loro.
La parte dei servizi, nei piani di Labriola, vedrebbe al suo interno anche la controllata brasiliana. Mentre le attività italiane verrebbero divise in due business unit: Tim Consumer, che riceverebbe 14mila dipendenti, e Tim Enterprise. La prima, come suggerisce il nome, si occuperà dei servizi alla clientela retail, mentre la parte enterprise elaborerà un'offerta rivolta ad aziende e pubblica amministrazione.
Nel suo perimetro saranno riorganizzate le attività di cloud, cybersecurity e Internet of Things oggi spalmate su Noovle, Telsy e Olivetti. L'entità avrebbe circa 3 miliardi di ricavi, ma con l'obiettivo di raggiungere i 4,9 miliardi entro il 2030 e la prospettiva di accogliere nuovi investitori.
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