Mentre si attendono novità sulla rete, il board di Tim ha approvato una trimestrale con una perdita di 689 milioni di euro. Un dato in peggioramento rispetto al passivo di 204 milioni dello stesso periodo dell'anno scorso. Sul quale, tuttavia, hanno pesato 420 milioni di oneri non ricorrenti, riconducibili a costi del personale e accantonamenti a seguito dell'accordo sindacale raggiunto lo scorso 21 marzo per 2mila uscite incentivate e valido fino al 30 novembre. La trimestrale della società guidata dall'ad Pietro Labriola, in ogni caso, ha avuto alcuni lati positivi. Per esempio, i ricavi del gruppo sono saliti a 3,84 miliardi (+5,6%). E migliorano ancora anche i margini: l'ebitda organico è arrivato a 1,5 miliardi nel trimestre (+3,8% su anno), dopo che era già cresciuto nel trimestre precedente. Tra i business più vitali emerge Tim Brasil, con ricavi cresciuti oltre il 19% a 1 miliardo. Mentre l'Italia pare in via di stabilizzazione, con un fatturato sostanzialmente stabile a 2,8 miliardi (-0,2% su anno, rispetto al -1,6% di un anno fa).
Continua ad aumentare l'indebitamento finanziario netto che è arrivato a quota 25,8 miliardi, in aumento di 500 milioni rispetto al 31 dicembre scorso. Una montagna che costituisce il principale problema di Tim e anche il motivo per cui si sta cercando di vendere la rete. La società ha sottolineato che le disponibilità di cassa al momento superano gli 8 miliardi, cifra sufficiente a coprire oneri del debito e tutti gli impegni della società almeno per l'intero 2024. Il cda ha inoltre respinto la richiesta di revoca del Comitato Nomine presieduto da Paola Bonomo, nel mirino dopo la bocciatura in assemblea della politica di remunerazione e gli attacchi di Vivendi.
Nel frattempo, continuano i movimenti sulla cessione della rete. Al momento, è stato concesso a Kkr fino al 9 di giugno per presentare un'offerta al rialzo rispetto ai circa 21 miliardi messi sul piatto con il primo rilancio. Si parla della possibilità di un'offerta congiunta Kkr-Cdp-F2i per raggiungere una cifra intorno ai 26 miliardi e convincere Vivendi a dare l'ok.
I tre potrebbero investire sull'ammodernamento della rete per poi quotarla in Borsa e lasciare al governo il controllo di fatto. La soluzione piacerebbe a Roma così come a Kkr. Ma al momento la situazione è fluida e, da quanto trapela, potrebbero essere decisivi i prossimi dieci giorni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.