Il mercato delle tlc in Italia sta per perdere oltre 5mila lavoratori in un solo anno. Anche Tim, dopo Vodafone e Wind, prepara nuove uscite, fino a 2mila secondo le indiscrezioni che trapelano mentre è in corso il tavolo tra sindacati e azienda sull'isopensione, lo strumento che consente, con uno scivolo di 7 anni, di uscire volontariamente con tutti gli oneri a carico dell'azienda. In realtà, almeno per Tim, non si tratta di una sorpresa ma della messa a terra del disegno di riassetto presentato a luglio scorso, in occasione del Capital Market Day, dall'ad Pietro Labriola che vuole arrivare al 2030 con una società più «snella», con una riduzione di oltre 9mila dipendenti. La riorganizzazione è stata già pensata in ottica di separazione delle società: circa 6.400 in meno nella Netco che passerebbe da 21.400 a 15.000. Circa 3.000 nella divisione consumer, che scenderà da 14.000 a 11.000. L'unica che non sarà toccata è Tim enterprise che avrà invece bisogno di circa 5.500 persone (pressoché quelle già impiegate che dovrebbero essere 5.300). Nel 2022 Tim aveva già raggiunto due accordi con i sindacati, a giugno uno che prevedeva 1.
200 uscite volontarie tramite prepensionamento (con i requisiti per la pensione di vecchiaia) e a fine luglio per l'accompagnamento al prepensionamento per 2.200 lavoratori con 200 milioni di potenziali risparmi. Per le uscite da programmare nel 2023 la discussione è appena iniziata e, secondo quanto trapela, è ancora presto per parlare di un accordo.
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