Le ombre sulla governance alla vigilia del rinnovo dei vertici ha frenato la corsa di Eni (ieri -0,7% a 18,1 euro) rimasta indietro rispetto a Piazza Affari (+4,6% da inizio anno rispetto al +15,9% del FtseMib) e persino alle sue rivali europee (l'Euro Stoxx Oil & Gas da inizio anno guadagna il 5,6%). «Mi attendo che, una volta alzato il velo sui candidati al rinnovo delle cariche sociali, sempre che i nomi siano adeguati al ruolo, il Cane a sei zampe torni a marciare» considera un analista milanese esperto del settore, che poi aggiunge: «Il fatto è che agli investitori, soprattutto a quelli stranieri, non piace l'incertezza che caratterizza, peraltro fino all'ultimo minuto, il rinnovo delle cariche di Piazza Affari, né il fatto che non sia assicurata la continuità nelle gestioni. Si consideri, per esempio, che un colosso come Royal Dutch Shell ha annunciato a luglio la nomina dell'amministratore delegato Ben van Beurden, con ben sei mesi di anticipo rispetto all'assunzione effettiva del ruolo».
Proprio l'incertezza sulle nomine, oltreché sui criteri utilizzati per l'individuazione dei manager e, più in generale, sulla governance di Eni, è stata decisiva per convincere il fondo attivista Usa Knight Vinke a deporre le armi e liquidare l'intera posizione sul gruppo (all'incirca l'1% del capitale). Ad annunciarlo è stato pochi giorni fa lo stesso fondatore Eric Knight. «Ogni decisione inerente alla scelta del top management deve essere effettuata sulla base di criteri finanziari e non politici» ha sottolineato l'investitore che da tempo denunciava l'ingerenza dei Palazzi Romani nelle dinamiche economiche e finanziarie di Eni (controllata al 25,7% dalla Cdp e per il 4,3% dal ministero delle Finanze). Le ultime indiscrezioni di mercato danno intanto in uscita Paolo Scaroni, ad del gruppo da tre mandati. Il neo premier Matteo Renzi starebbe cercando volti nuovi per la dirigenza del Cane a sei zampe.
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